Ecco il giovane Casorati pittore della conoscenza

Oggi ai Musei Civici agli Eremitani a Padova apre la rassegna dedicata all’artista dall’esistenza tra Veneto e Campania all’incontro con il maestro Vianello
Di Sileno Salvagnini
ZANETTI- AGENZIA BIANCHI - PADOVA -MOSTRA CASORATI
ZANETTI- AGENZIA BIANCHI - PADOVA -MOSTRA CASORATI

di Sileno Salvagnini

Quando si pensa a Felice Casorati (1883-1963) si pensa anzitutto come a uno degli artisti protagonisti della stagione neoquattrocentista della pittura italiana dopo il 1918. Oppure ai suoi interventi alla Biennale di Monza del 1927, dove lui, Francesco Menzio e Gigi Chessa si trasformarono in architetti-decoratori approntando una macelleria, una confetteria e una farmacia. O ancora come all’animatore, nel suo studio, dei famosi Sei di Torino. O infine come a colui che ospitò, sempre nel proprio studio torinese, nel 1935, la Prima mostra collettiva di arte astratta italiana. Poco invece si conosce degli anni di formazione che lo videro protagonista a Padova, poi a Napoli e Verona.

Vero è che negli anni Ottanta Paolo Fossati e Maria Mimita Lamberti in una grande mostra all’Accademia Albertina di Torino proiettarono una nuova luce proprio su quel periodo pressoché sconosciuto. Vi si potevano ammirare primissimi lavori come un bel Paesaggio veneto del 1906 (qui esposto), e quindi apprendere che all’inizio del secolo, a seguito di un esaurimento nervoso, la famiglia - il padre, ufficiale dell’esercito, era stato trasferito a Padova - gli regalò una tavolozza e dei colori. Con essi il giovane Felice si appartò vicino a Praglia, sui Colli Euganei, ritrovando una certa tranquillità. Ultimò poi gli studi liceali al Tito Livio e nel 1906 si laureò, sempre a Padova, in Giurisprudenza. Nuovi studi poi furono eseguiti una decina d’anni dopo da Giorgina Bertolino e Francesco Poli in occasione del Catalogo generale dell’artista. E tuttavia, molte zone d’ombra permanevano.

Una serie di accurati studi filologici nel catalogo nella grande mostra “Il giovane Casorati. Padova, Napoli, Verona” ai Musei Civici, a cura di Virginia Baradel e Davide Banzato, da oggi al 10 gennaio, gettano ora nuova luce su quel periodo. Che la stessa curatrice peraltro aveva assai bene scandagliato anni fa in occasione della mostra sul giovane Boccioni, anche lui al principio del secolo a Padova. Chi trova nella città veneta in questi anni Casorati? Un ambiente abbastanza stimolante da un punto di vista artistico, non solo per la presenza di Cesare Laurenti, che nel 1904 è impegnato nelle decorazioni liberty dell’Hotel Storione. O di Giovanni Vianello, diplomatosi all’Accademia di Venezia, ben presto cooptato per decorare un’opera pubblica di grande rilievo, lo scalone monumentale del Palazzo della Cassa di Risparmio, artista che sarà il vero maestro di Casorati, colui che gli insegnerà ogni tecnica, non solo pittorica, ma anche grafica. In mostra a Padova si trova anche una serie notevole di disegni e incisioni, a partire da una emozionante - considerata la precocità - puntasecca del 1902. O anche Mario Cavaglieri, protagonista con lui e Boccioni di una mostra nel 1904, il cui catalogo fu scovato anni fa da Nico Stringa in un’altra esposizione memorabile sull’artista rodigino. Cosa mette in luce di Casorati la curatrice? Il suo concepire la pittura . non solo come fatto estetico ma quale strumento di conoscenza anche filosofica, oltre che psicologica, dei personaggi. Prova ne sia il fatto che Boccioni, quando vede il capolavoro “La sorella Elvira”, esposto alla Biennale del 1907, lo annoti con commento: «La sua consueta irruenza critica da fustigatore o focoso ammiratore si arresta: quel ritratto lo prende alla sprovvista, non ha niente della piacevolezza ottocentesca non rientra nei canoni ma, allo stesso tempo, non mostra di volerli infrangere». Una sorta di enigmaticità che pare un saper cogliere per misteriose vie il genius loci: è il caso, ad esempio, del Ritratto di Don Pedro de Consedo, del 1908, opera non più esposta da allora, qui presente, dove Casorati sembra interpretare l’ anima spagnola e messianica dei “Conquistadores”.

Il catalogo e la mostra portano poi una quantità inesauribile di chicche: ad esempio, nel testo di Anna Maria Chiara Donini, i disegni di un album inedito e le glosse dello stesso Casorati nel catalogo della Biennale veneziana del 1905, sullo spagnolo Anglada ma soprattutto sull’olandese Jan Toorop e sullo svedese Anders Zorn. In effetti, un suo chiaro virare in quegli anni per una pittura più nordica, riflessiva, pare riprendere una sorta di rembrandtiana etica protestante, con quadri familiari dove i personaggi, che appaiono chiusi in un’interiorità assoluta, apparentemente fissata fuori del tempo, portano in realtà il tempo della loro vita e della loro morte in se stessi.

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