Ecco S. Sofia, il gioiello della città

di Aldo Comello
Tutti pazzi d’amore per Santa Sofia. Il professor Giuseppe Stellin, presidente del Comitato per il restauro, confessa l’innamoramento, il pensiero fisso, l’ossessione, anche la paura. Perché la chiesa, di recente scartocciata dopo due anni e mezzo di ibernazione, spogliata dei teli di plastica, ieri alla vigilia della presentazione al pubblico, splendeva come un gioiello, con il sole che rischiarava i colori degli archi rampanti, le chiavi di volta, la fuga di archetti gotici.
Ma la situazione disastrosa, emersa da un check-up, dopo la crisi dell’impianto di riscaldamento, con le tubazioni a pezzi, faceva paura: la necessità di finanziamenti si era presentata in sequenza, una vera e propria collana di guasti. Ripulite le pareti, i guai mimetizzati dallo sporco erano affiorati di colpo: microfessurazioni, capriate divorate dai tarli, una statica zoppa, con una facciata aggettante sulla strada, da capogiro.
Passione, determinazione, hi-tech applicata all’arte. Giancarlo Perdon, architetto, e Fabio Tretti ingegnere, fanno squadra, il professor Modena mette a disposizione il meglio del suo studio, le intuizioni tecniche più geniali, si muove la portaerei della Fondazione Cariparo con un finanziamento di 800 mila euro, si muovono la parrocchia, la Regione, la Cei, il Comune, la provincia, il Rotary.
Oltre 2 milioni di euro di spesa e restano alcune situazioni aperte, occorrono altri fondi: la differenza tra le disponibilità finanziarie già erogate e i costi relativi alle opere già appaltate ammonta a circa 865 mila euro e altri lavori attendono di essere messi in cantiere (restauro dell’organo, di tre altari laterali, del crocifisso ligneo, delle sette monofore dell’abside), altri 300 mila euro da mettere in conto. E tuttavia la volontà di riavere la chiesa in tutto il suo splendore è ben ferma se – come ha rilevato Marina Bastianelllo, vicepresidente di Cariparo – la sottoscrizione accesa spontaneamente dai cittadini ha già raccolto 215 mila euro. La chiesa è simbolo anche nella sua sacra dedicazione a Santa Sofia, la sapienza, con le tre figlie, fede, speranza e carità.
Santa Sofia è la più bella e la più antica chiesa della città: mille anni di preghiere, come ha affermato monsignor Daniele Prosdocimo, parroco fino al 2008 e ora facente funzione di don Giorgio Ronzoni, infortunato, hanno intriso le pietre di un’intensa religiosità, di un’aura sacrale che spinge a fermarsi tra quelle mura in preghiera. «La forza rievocativa di Santa Sofia eretta e consacrata negli anni 60 del 1000, la sua patavinitas – ha affermato l’assessore alla cultura Andrea Colasio – ne fanno un monumento prezioso quanto la basilica del Santo e la sua rinascita costituisce un evento culturale di prima grandezza».
Un esempio del felice matrimonio tra restauro d’arte e tecnologia: gli archi rampanti romanici scaricano tutto i peso sui pilastri, 6 erano traballanti come denti malati di piorrea. Sono stati fissati con corde d’acciaio, nascoste nella pietra, una sorta di rammendo invisibile. Vi affascinerà la grande, fastosa abside. I lavori di scavo hanno scoperto 15 tombe e una fornace per la calce. Sotto il pavimento una rete straordinaria di sottoservizi: 4 chilometri di tubi e 18 chilometri di fili.
La statica è assicurata da una serie di sensori collegati ad un computer. La chiesa che sorge lungo la via Annia, la strada che congiungeva Adria ad Aquileia, è stata costruita su rovine romane, forse su un tempio dedicato a un dio pagano (Mitra). Nell’ipogeo una pietra di dieci metri quadrati con un foro in mezzo, forse si tratta di un altare sacrificale. Qui sono in programma ricostruzioni elettroniche (rendering) di com’era la chiesa nell’antichità.
Stasera alle 18 l’apertura ufficiale.
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