“Eremiti” dentro la loro stanza: è emergenza Hikkomori, i ragazzi isolati

PADOVA. Hikikomori è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte”. Viene utilizzato per fare riferimento ad adolescenti che decidono di isolarsi dalla società, vivendo nella solitudine della camera da letto. È un fenomeno di cui si parla ormai da una decina d’anni, ma che oggi più che mai sembra essere in costante crescita.
I casi aumentano
Se a Padova prima i casi erano uno, massimo due all’anno, quest’ultimo anno se ne sono registrati già cinque. A parlarne ieri all’Oic della Mandria diversi esperti in un convegno patrocinato dal Comune e promosso da Codess Sociale dal titolo “Adolescenti ritirati (Hikikomori). Quando, perché e come aiutarli”.
A rispondere a queste domande il dottor Lodovico Perulli, direttore sanitario delle Comunità educative e riabilitativo-terapeutiche per minori di Codess Sociale, il dottor Emanuele Ghilmetti, psicologo clinico e psicoterapeuta, referente del progetto Equipe mobile –Codess Sociale, e diversi altri specialisti del settore tra docenti, psichiatri e psicoterapeuti.
«Come équipe mobile riceviamo tra Padova, Venezia e Verona, una telefonata ogni circa 10 giorni da parte di genitori di figli adolescenti con comportamento da isolamento sociale», ha spiegato Ghilmetti, che dal 2016 è responsabile dell’equipe. «Nell’équipe ci sono due psicoterapeuti esperti nel campo della famiglia e dell’adolescenza, che a domicilio si recano in casa della famiglia che richiede assistenza. In un primo momento, insieme anche al ragazzo, si effettua un colloquio conoscitivo, poi si va avanti con gli incontri, in cui è coinvolta anche la famiglia».
Non è ancora stata identificata con certezza una relazione causa-effetto per quanto riguarda l’hikikomori, che sembrerebbe il risultato di una serie di concause caratteriali, sociali e famigliari. A soffrirne sono quasi ed esclusivamente adolescenti di sesso maschile, dai 14 ai 19 anni.
Chiusi in camera
Si chiudono nella propria stanza, si rifiutano di andare a scuola, passano molte ore del giorno ma soprattutto della notte (spesso il ritmo sonno veglia è invertito) davanti al computer o ai videogiochi, all’interno dei quali coltivano anche delle amicizie virtuali. «I momenti più cruciali sono il passaggio dalla scuola media alla scuola superiore e dalle superiori all’università», ha sottolineato il dottor Perulli.
«Bisogna cercare di evitare il ritiro. Come? Non certo utilizzando le maniere forti, con le quali si ottiene invece l’esatto contrario. Per esempio il computer è una conseguenza dell’isolamento, non è la causa scatenante. Impedire loro di usare la rete significa condannarli a un isolamento totale». Il modo migliore per uscire dall’hikikomori, che gli stessi adolescenti avvertono come un disagio, è quello di affidarsi a degli esperti e di intraprendere un percorso di psicoterapia.
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