«Errore materiale nel fallimento»

«C’è stato un errore materiale ma non ci sarà nessuna indagine interna, la sentenza di fallimento era regolare e motivata, purtroppo la notifica non consente di verificare la presenza di un allegato». Lo dice Sergio Fusaro, presidente del tribunale di Padova riferendosi al caso della ditta di arredamento Finalmente A Casa, dichiarata fallita a sua insaputa, visto che la mail Pec della cancelleria del tribunale era arrivata vuota. La ditta, su istanza dell’avvocato Marco Ripa aveva fatto ricorso in Corte d’Appello che aveva annullato il fallimento facendo tornare l’azienda “in bonis” come non fosse mai fallita. Ora il fascicolo è tornato in cancelleria fallimentare e la procedura riparte con lo stato d’insolvenza (in pratica tutto è stato annullato per il vizio della notifica e ora la ditta potrà pure fallire nuovamente, ma almeno questa volta i titolari potranno partecipare all’udienza).
«All’epoca l’obbligo delle notifica solo telematica era in vigore da poco» prosegue nella sua analisi il presidente del tribunale «e lo stesso personale della cancelleria si era lamentato, prima di questo caso, per la scarsa formazione ricevuta in merito al nuovo sistema. Il giudice non ha modo di vedere se la notifica via mail sia andata a buon fine. Ora la procedura riparte da capo». Inoltre nel frattempo il dipendente del tribunale che aveva spedito la mail vuota alla ditta Finalmente a Casa è pure andato in pensione, ma questo poco importa, visto che non avrà conseguenze di nessun genere. Nel frattempo ai titolari dell’azienda sono state consegnate le chiavi dello stabile. Presto verrà fissata una nuova udienza nella quale i proprietari della Finalmente a Casa dovranno dimostrare o meno di essere in grado di pagare i canoni d’affitto arretrati. Il fallimento era stato chiesto dal padrone dello stabile che ospita lo showroom dell’azienda in via Dell’Industria 60. «Per una sentenza emessa con leggerezza e senza le verifiche» aveva raccontato Stefania Boscaro, moglie del titolare Gianni Furlan «la nostra azienda è venuta a trovarsi, senza esserne a conoscenza, nel portale dei fallimenti. Nessun messo del tribunale, nessuna informativa se non una Pec inapribile, era possibile solo con firma digitale, e comunque vuota per un errore della cancelleria, che doveva informarci che il proprietario dell’immobile su cui svolgevamo la nostra attività da sette anni (che in questo periodo ha incassato 1.200.000 euro di canoni di locazione) e con il quale eravamo in trattativa per una riduzione dell’affitto, per spaventarci ha richiesto nei nostri confronti invece che uno sfratto, un’istanza di fallimento. È stata dichiarata fallita una ditta nel pieno della sua attività, con 11 dipendenti, lavori in corso e commesse per milioni di euro. Ora la ditta sta provando a ripartire, ma non è facile, lo showroom occupava una superficie di 1.300 mq, anche c’erano dei problemi di liquidità e dei crediti che si faceva fatica ad esigere. I titolari dell’azienda erano venuti a sapere di essere falliti da un loro cliente che l’aveva scoperto in per caso: «Ci fate lavorare e siete falliti.... aveva detto». Sembrava uno scherzo ma era tutto vero.
Carlo Bellotto
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