Expo, Mantovani non salda i conti «Avanziamo ancora 900mila euro»

Lacs di Rubano ha eseguito lavori per 1,5 milioni in subappalto per il gruppo della famiglia Chiarotto «Abbiamo un decreto ingiuntivo favorevole, ma non c’è tutela giuridica per chi opera seriamente»
Di Matteo Marian

PADOVA. L’orgoglio italiano sublimato nell’esposizione mondiale che ha portato a Milano 21 milioni di visitatori in 184 giorni. Parliamo di Expo 2015 e delle aziende che hanno contribuito in modo determinante alla buona riuscita della manifestazione. Tra queste anche Lacs di Rubano che, come subappaltatore della Mantovani, ha realizzato gli asfalti colorati di piazza Italia e i percorsi all’interno del maxi quartiere espositivo meneghino.

Il problema è che a fronte dell’esecuzione di lavori per 1,5 milioni di euro, l’azienda di Rubano fino ad ora è riuscita a incassare nemmeno la metà del valore dell’appalto (600mila euro). In pratica dall’aprile scorso, ovvero da quando ha viste evase le ultime fatture, la piccola impresa sta facendo da banca al gruppo controllato dalla famiglia Chiarotto.

Nonostante, infatti, abbia in mano da novembre 2015 un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo che riconosce le sue ragioni, Lacs non è riuscita a incassare un euro in più dalla Mantovani. La rilevanza del caso si capisce mettendo insieme due numeri: 900mila euro di lavori eseguiti e non pagati per una piccola azienda (nove dipendenti) che nell’arco di un anno fattura, in media, 2 milioni di euro. «Qui il caso è generale» commenta con amarezza Andrea Salvato, titolare della Lacs insieme al fratello. «Non c’è tutela giuridica per chi lavora seriamente. In pratica, il contenzioso in atto tra Expo Spa e Mantovani sui costi aggiuntivi ha finito per stritolare noi». Contenzioso, quello relativo agli extra costi (complessivamente si parla di 50 milioni di euro) sulle quattro opere principali del sito espositivo (tra cui la “piastra” realizzata dall’associazione temporanea di imprese guidata dalla Mantovani) che ora pare in via di definizione. In pratica – per quanto riguarda Mantovani – dopo essersi aggiudicata l’appalto con un ribasso del 42%, a cantiere ultimato il gruppo ha innescato un braccio di ferro con il committente sulle maggiori spese sostenute per l’ultimazione dei lavori. La pratica è finita anche sul tavolo dell’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone e una soluzione, a quanto pare, è ora vicina.

«Ma nel frattempo» prosegue Salvato «noi abbiamo dovuto sopportare dei costi, a partire da quello degli operai impegnati nel cantiere. Se non paghiamo, visti gli obblighi legati alla presentazione del Documento unico di regolarità contributiva (Durc), rischiamo di non poter più lavorare». Una spirale dalla quale Lacs ha cercato di uscire rivolgendosi al Tribunale di Venezia (Mantovani da qualche tempo ha spostato la sede legale a Mestre). «Alla luce del decreto ingiuntivo abbiamo proceduto con un atto di pignoramento presso terzi, ovvero nei confronti dell’istituto di credito di riferimento e di Expo Spa. La banca ci ha risposto che nel conto corrente della società consortile utilizzata da Mantovani (ConExpo Scarl) non c’erano soldi. Expo, invece, ci ha comunicato che era in atto un contenzioso con Mantovani e che dovevano attendere un riscontro dall’Anac sulla questione».

Nella stessa situazione, prosegue l’imprenditore, ci sarebbero almeno altre cinque aziende che hanno lavorato in subappalto per Mantovani. «Mi rivolgo al presidente del gruppo Mantovani Cesare Damiano che è uomo con solidi principi di legalità: incontriamoci e risolviamo, anche stragiudizialmente, la questione».

Sul caso, Mantovani fa sapere che negli ultimi giorni dello scorso anno è stata chiusa la transazione per l’appalto “piastra” con i vertici di Expo. Il relativo atto transattivo è al vaglio degli organi di controllo per i previsti pareri.

m.marian@mattinopadova.it

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