Felice Maniero: «Rubai le reliquie per ricattare lo Stato»

Vent'anni fa il furto del mento di Sant'Antonio da parte della Mala del Brenta, il giornale dei frati intervista il boss
PADOVA. La reliquia del mento di Sant'Antonio venerata nella Basilica di Padova venne rubata da Felice Maniero  con l'intenzione di costringere lo Stato a scendere a patti. Maniero voleva la liberazione del cugino Giulio e la revoca della misura di sorveglianza a suo carico. Lo conferma lo stesso boss, Felice Maniero, in un'intervista esclusiva pubblicata dal "Messaggero di Sant'Antonio", rilasciata per "riparare, anche solo per la miliardesima parte, al dispiacere che ho provocato ai fedeli". Nella sua ricostruzione, Maniero rivela alcuni particolari inediti, ad esempio di aver "ordinato - racconta l'ex boss della mala del Brenta - di prendere la Lingua di Sant'Antonio, molto più 'sostanziale' per lo scambio. Invece, quegli zucconi mi arrivarono con il mento". "A loro - racconta - non dissi nulla. Dentro di me, però, feci questo pensiero: per prendere la reliquia sbagliata, di sicuro devono aver ritenuto, come tutti noi, che la lingua fosse dentro la bocca. Negli intenti, e poi nei fatti, quell'azione ebbe il risalto e l'eco voluti".


IL FATTO.
Padova, 10 ottobre 1991, ore 18.20. Tre banditi, armati e coperti da passamontagna, entrano nella Basilica di Sant'Antonio e rubano il Mento del Santo. Alcuni fedeli e una guardia vengono immobilizzati sotto la minaccia delle armi. I malviventi fuggono poi a bordo di un'auto guidata da un quarto complice. La Reliquia viene ritrovata settantuno giorni dopo, il 20 dicembre 1991, "ufficialmente" a Roma, vicino all'aeroporto di Fiumicino.


IL DOSSIER.
A vent'anni dal furto del Mento di sant'Antonio, messo in atto dalla mala del Brenta, il Messaggero di Sant'Antonio, dedica, nel numero di ottobre, un ampio e dettagliato dossier. Nello Speciale, contenuto nel numero di ottobre, l'intervista esclusiva a Felice Maniero, ex capo della mala del Brenta. Lo speciale raccoglie le voci dei testimoni, come i frati della Basilica che vissero l'evento in prima persona e la guardia tenuta in ostaggio. Ma anche del magistrato Francesco Saverio Pavone, impegnato insieme con altri colleghi a sgominare la mala del Brenta; Graziana Campanato, presidente del primo "maxiprocesso" contro la banda Maniero. E ancora: Ilvo  Diamanti, docente di Scienza e comunicazione all'Università di Urbino e tra i massimi studiosi del Nordest; Carlo Lucarelli, scrittore e giornalista.

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