Foniatria, non c’è stata truffa Assolta Donatella Croatto

Assolta perché il fatto non sussiste. Nessuna responsabilità penale. E nessuna truffa ai danni della Regione Veneto per Donatella Croatto, la presidente della Casa di cura Trieste, nota come Centro di foniatria con sede in via Bergamo (Sacra Famiglia), struttura medica privata convenzionata con la Regione. La sentenza è stata pronunciata dal giudice Chiara Bitozzi. La procura aveva chiesto due anni e sei mesi. Ma alla fine è stata accolta la lettura dei fatti della difesa, il penalista Piero Longo e la collega Anna Desiderio.
Nessun reato
«Provo un grande sollievo dopo cinque anni e mezzo dall’inizio dell’inchiesta. È stata un’esperienza molto dolorosa. Non è stato semplice affrontare il processo e continuare a lavorare» ammette Donatella Croatto senza dimenticare un ringraziamento ai difensori e un pensiero all’ex direttore sanitario del centro, anche lui spedito a processo, (il professor Luigi Diana morto nel luglio 2015). E aggiunge: «Mi spiace che sia stato gettato fango su una struttura punto di riferimento in Italia per la foniatria»
L’accusa
A dare il via all'inchiesta un esposto firmato dall’allora direttore sanitario dell'Usl 15 nel maggio del 2013. Lamentava che la stessa Casa di cura consigliava ai genitori di far indicare nell'impegnativa del pediatra la necessità di ricoveri in day hospital, benché i figli fossero affetti da patologie curabili con prestazioni ambulatoriali. La Guardia di Finanza aveva svolto gli accertamenti e a processo erano finiti Croatto e Diana per truffa aggravata dal conseguimento di erogazioni pubbliche (regionali) tramite l’Usl 16: un milione e 508 mila euro per le prestazioni fornite in day hospital nel 2008, oltre 5 milioni per quelle garantite fra il 2009 e il 2013. Somme – era l’accusa – che la struttura avrebbe incassato per il ricorso a prestazioni “inappropriate” come il day hospital. Una prospettazione che non ha retto alla verifica processuale.
La difesa
Molto tecnica la difesa che ha puntato a ricostruire l’operato della Casa di cura fra il 2007 e il 2011 per dimostrare come abbia sempre agito nella massima correttezza, seguendo delibere e prescrizioni della Regione, non sempre chiare. I soldi erano stati legittimamente incassati. Alla fine del 2007 cambiano le regole regionali per i ricoveri di riabilitazione: i day hospital (esclusi determinati casi più gravi nella fascia infantile) dovevano trasformarsi in pacchetti di prestazioni ambulatoriali (day service) meno costosi per la Regione. «È la buccia di banana sulla quale sono scivolati gli investigatori» spiega Donatella Croatto, «Si erano convinti che, nell’ambito dei disturbi del linguaggio in età evolutiva, questi pacchetti di prestazioni in day service ci fossero stati già concessi nel 2008; invece sono stati riconosciuti nel 2012. È allora che abbiamo rimodulato i ricoveri secondo i criteri regionali. I nuclei di controllo aziendale e regionale mai ci avevano detto di cambiare regime». La bomba scoppia con l’esposto dell’Usl 15. E parte l’indagine. «I servizi territoriali dell’Usl 15 erano carenti e registravano una fuga di bambini con problemi del linguaggio. Il motivo? Ai genitori servivano almeno sei mesi per avere una diagnosi. Noi in 5 giorni siamo in grado di fornire la diagnosi completa di un bimbo che non parla e impostiamo già la riabilitazione». —
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