Fumettista padovano raccoglie l'eredità di Jacovitti

Luca Salvagno vive a San Camillo: docente e fumettista è stato incaricato di rinfrescare il personaggio di Cocco Bill

SAN CAMILLO. Il laboratorio di un artista è sempre una finestra aperta sul suo mondo, uno spiraglio da cui sbirciare che forma può prendere la sua vorticosa fantasia, prima di farsi arte. Lo studio di Luca Salvagno è pieno di fumetti, libri, dvd e giocattoli. Ci sono astronauti, cowboy, e supereroi, alcuni più datati, altri recenti.

«Sono tutti miei e ovviamente li uso. Per inventare personaggi bisogna anche avere il gusto di giocarci», spiega con naturalezza. Salvagno, veneziano per nascita e padovano di adozione, è nato nel 1962. Si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia ed ha insegnato per diversi anni al liceo Selvatico. Ora vive in zona San Camillo e insegna al Corradini di Este, ma la sua più autentica vena creativa rimane quella per il fumetto, che negli anni l’ha condotto al fianco dei più prestigiosi editori (tra cui Mondadori) e di un disegnatore del calibro di Jacovitti, di cui è considerato oggi l’erede.

Tra i tanti lavori, spiccano per originalità alcune traduzioni in fumetti celebri biografie, da quella di Chaplin a quella di Walt Disney. Quest’anno il periodico illustrato “Il Giornalino” compie novant’anni, conquistando il podio come più longevo d’Europa. E la San Paolo Editore, per festeggiare, ha deciso affidare alle sapienti mani di Salvagno l’intero progetto del “Diario G90”, già in promozione insieme al periodico ed in vendita fino alla riapertura delle scuole. All’interno, tra una vignetta e l’altra, trovano spazio storici personaggi dei fumetti, ma anche richiami a fatti storici e d’attualità.

«In passato» spiega il disegnatore «avevo curato alcune parti del diario, ma questa volta ho dovuto farlo tutto. È stato meraviglioso reinterpretare personaggi che sono stati i miei eroi, da Susanna a Cocco Bill al Commissario Spada». Quello di Luca Salvagno è un talento innato: «Il primo personaggio che ho disegnato» racconta «si chiamava Fil di Ferro. Non sapevo ancora scrivere e disegnavo le storie come può immaginarle un bambino, una sopra l’altra. Alla fine non si capiva nulla. Poi ho scoperto, dal quaderno di un amico, la possibilità di dividere i fogli in vignette, e quindi di poter narrare per episodi conseguenti. È stato un passo da gigante. Crescendo mi sono appassionato ai fumetti e naturalmente a Cocco Bill. A 11 anni ho capito che avrei voluto lavorare con Jacovitti, ma poco dopo mi sono reso conto che avrebbe voluto farlo anche la maggior parte dei miei coetanei. Ed è rimasto un sogno nel cassetto». Non è rimasta nel cassetto la passione, che l’ha sempre spinto a disegnare. «Poi un giorno, era il 1994, ho scoperto l’esistenza di un club di jacovittiani» racconta. «Dovevo farne parte, e così è stato. Ho iniziato a mandare qualche disegno in stile “vitt” e qualcuno mi ha notato». È stato il creatore di Cocco Bill in persona a chiamarlo per un colloquio, e quindi a sceglierlo come colorista. «Era un lavoro noiosissimo» ammette «ma farlo per lui era un sogno. Mi chiamava alle ore più impensabili, la sera tardi o la mattina prestissimo. E io rispondevo con emozione, parlavo con l’eroe della mia infanzia. Lui si scherniva: era una persona deliziosa e modesta. Vincenzo Mollica» aggiunge «l’ha definito un genio del secolo, ed è vero: nelle sue illustrazioni si ritrova tutta l’Italia dell’epoca. Non a caso le sue raccolte sono alla quinta ristampa, e insieme ad Hugo Pratt è tutt’ora il più cercato dai collezionisti». Salvagno ha tre bimbi, e si intuisce da qualche schizzo alle pareti che anche loro non disdegnano le matite colorate. «Certo, mi piacerebbe che ereditassero la mia passione» commenta «ma mi piacerebbe che disegnassero tutti i bambini, non solo loro. Per me il fumetto è l’arte più spontanea e comprensibile che esista, è un’arte per tutti».

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