La sua maglia e la sua piccozza sulla bara di Alexandra, morta in montagna. Il compagno: «Fortunato ad averti trovata»
Agna, i versi struggenti del “Signore delle cime” per il saluto all’ingegnere e alpinista di 36 anni morta la scorsa settimana sul Monte Rosa

La maglietta e la piccozza poggiate sul feretro, i tre grandi cartelloni accanto alla porta della chiesa con tante foto di ascese e arrampicate e molti altri momenti felici con gli amici, il casco e i moschettoni, le frasi scritte a mano con il pennarello, i versi struggenti di “Signore delle cime”, i ricordi tra parole e lacrime, gli abbracci: sono le istantanee dell’ultimo addio ad Alexandra Gheorghe ieri, 21 agosto, dentro e fuori la chiesa di Agna.
Al funerale dell’ingegnere e alpinista di 36 anni morta la scorsa settimana sul Monte Rosa insieme al compagno di ascesa si sono stretti intorno alla mamma Georgina, al fratello Catalin e al compagno Andrea Pizzato i tantissimi amici e colleghi con i quali la giovane aveva condiviso la sua vita piena, fatta di lavoro e relazioni, di una passione sconfinata per la montagna che la portava sempre più in alto, con l’entusiasmo e la preparazione che metteva in ogni sua impresa.
Prima della celebrazione funebre sono stati proprio gli amici e i colleghi a tracciare alcuni toccanti e dettagliati ritratti di Alexandra, ricordi dedicati ai tanti momenti spensierati vissuti insieme, all’impegno nel lavoro, alla passione per il trekking e lo sport che, passo dopo passo, l’ha portata fino alle vette più alte.

«Avevi la grande capacità di unire le persone e di coinvolgerle nella tua vita quotidiana» ha sottolineato una compagna di studi «non credo di averti mai vista arrabbiata veramente, sapevi trovare sempre il lato positivo con te ogni esperienza si trasformava in un’avventura.
Ora non riesco a ricordare perché non ci siamo viste nelle ultime settimane, perché non abbiamo incastrato un momento per poter dire qualcosa anche di stupido in apparenza. Non pensiamo mai che possa accadere una simile disgrazia e ora mi ritrovo qui a parlare di te al passato, ma voglio ricordarti con i pensieri leggeri che ci accompagnavano».
Un’altra amica, Bianca, ha ricordato i legami profondi che Alexandra sapeva costruire: «Non era solo la mia migliore amica, era una sorella, come mi aveva detto lei stessa, ci siamo sentiti ogni giorno per più di 15 anni.
Ha voluto bene a tante persone che oggi vedo qui, era legata alla sua famiglia e alle sue radici in Romania. Era capace di tenere unite le persone più diverse». Il compagno Andrea, poliziotto, ha ringraziato i colleghi presenti in chiesa e tutto il personale del soccorso alpino valdostano: «Tutti hanno dimostrato alta professionalità e soprattutto empatia, con me e il fratello Catalin, in quei momenti drammatici. La mia relazione con Alexandra era recente ma con lei, che andava a due, tre, quattro velocità, mi sembra di avere vissuto lunghi anni intensi. Sono stato molto fortunato ad avere incontrato una donna come te, piena di energia e di vita, con il sole dentro. Ora spero che tu sia lì, da qualche parte in alto, dove stavi bene e dove l’aria è sottile e pura».

«Alexandra era dono e libertà» ha aggiunto il parroco don Fabio durante l’omelia «quella libertà di seguire le proprie passioni e interessi; la libertà di non essere legata ad un’unica realtà, ma libera di essere e di esserci per tutti, i vari gruppi e associazioni presenti lo dimostrano.
Alexandra ha accolto la vita come un dono e si è spesa con tutta sé stessa in ogni cosa che faceva o era chiamata a fare. Oggi siamo qui a dire grazie per il dono che lei è stata per ciascuno di noi». Dopo le preghiere e i canti, fuori dalla chiesa, mamma Georgina ha abbracciato il feretro per l’ultima volta, insieme al fratello e al compagno e ha poggiato un fiore bianco, candido come la neve delle vette più alte. —
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