Giardino storico azzerato durante la pandemia Palazzo Marzari, interviene la Soprintendenza

la storia
C’era una volta e ora non c’è più. Il giardino di villa Marzari, nel cuore storico di Padova, custodito tra le vie Petrarca e Montona, se n’è andato in piena pandemia. Su quella terra, che un tempo ha vissuto i fasti della bellezza, ora scorre il veleno di una querelle tra vicini che rischia di finire in Procura.
Tutto è cominciato in piena pandemia quando, nel silenzio sbigottito del lockdown, un albero che cadeva faceva un rumore assordante. La cui eco arriva fino ad oggi. E di alberi, ne sono stati abbattuti più d’uno dopo che il giardino annesso al palazzo settecentesco è stato venduto, assieme all’edificio adiacente, dal proprietario di palazzo Marzari, immobile quest’ultimo che, per il suo valore storico e culturale, è vincolato dalla Soprintendenza.
Dal canto suo, l’acquirente ha scelto di sistemare la nuova proprietà con una serie di interventi nel suo terreno di pertinenza.
Tant’è che aprendo le finestre, lo scenario è profondamente cambiato, al punto da suscitare prima lo sgomento e poi lo sdegno di alcuni dei residenti, abituati a ben altro panorama. All’orizzonte non più le piante secolari che a lungo, attraverso le stagioni e le vicende dei primi residenti, avevano impreziosito il giardino antico, ma nuovi spazi di perplessità sulla legittimità di quel tipo di intervento. E già si sussurrava che nel giardino che aveva goduto dello splendore di alberi a lungo fusto e della suggestione di una “vecchia” ghiacciaia, il futuro sarebbe piombato con tutta la sua prepotenza. Ipotesi inaccettabile per chi ha fatto del vivere avvolto nell’incanto del passato una filosofia di vita. Si parlava di un progetto con piscina laddove prima sorgevano gli alberi, e della demolizione del muro su via Montona per fare spazio all’ingresso del nuovo inquilino.
Da qui la richiesta di intervento della Polizia municipale che, dopo il sopralluogo, ha notificato lo stato dell’arte alla Soprintendenza, a partire dall’abbattimento degli alberi, e segnalato la situazione al settore Verde del Comune per la valutazione del valore ornamentale degli stessi.
«Abbiamo immediatamente chiesto di vedere il progetto» conferma il soprintendente Fabrizio Magani «visto che non abbiamo mai autorizzato alcun tipo di intervento su quell’area. Procederemo quindi a un sopralluogo, per verificare la consistenza del danno. Se il danno al patrimonio culturale dovesse essere così grave come è stato descritto, le possibilità sono due: la ricostituzione del bene, che nella fattispecie appare alquanto inverosimile trattandosi di alberi secolari, o la quantificazione del danno economico da corrispondere allo Stato».
Secondo l’archivio della Soprintendenza, il palazzo e l’area di pertinenza sono vincolati per importante interesse culturale e, di conseguenza, prima di intervenire, il proprietario è tenuto a chiedere autorizzazione di Comune e Soprintendenza stessa, anche solo per una semplice potatura. Non a caso, i lavori fatti per curare la sola Paulonia, qualche anno fa, sembra avessero richiesto una serie infinita di perizie e valutazioni.
Sul fronte opposto l’architetto Alessandro De Paoli responsabile dei lavori in questione: «Ci siamo limitati a tagliare una Paulonia che stava crollando forti di una perizia tecnica» sostiene «nel giardino ci sono appena 15 metri quadri tutelati che non sono stati sfiorati, mentre la parte restante era un brolo che aveva valore di orto. Qui sorgeva non una ghiacciaia, ma un cumulo di trachite su cui poggiava un belvedere. L’ipotesi della cosiddetta “piscina” prevede semmai che vengano tracciati dei ninfei, mentre su via Montona si tratta di ripristinare un’apertura chiusa dagli anni ’60. Quello che stiamo facendo, semmai, con questo intervento, è riportare alla vita uno spazio urbano che era morto».
Per entrambe le parti, è evidente, che non finisce qui. —
S.Z.
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