Giulio Giorello «La matematica rende liberi»

di Nicolò Menniti-Ippolito
Sarà Giulio Giorello, filosofo, matematico, epistemologo, polemista di grande livello a inaugurare oggi alle 11 l’anno accademico dell’Ateneo Veneto, a Venezia. Per l’istituzione è anche un modo di ricordare la propria matrice scientifica e la necessità di riflettere sulla realtà contemporanea. E infatti il tema scelto, pur avendo le sue radici nello specifico campo di ricerca di Giorello, è anche al centro del dibattito culturale degli ultimi anni. Giorello rifletterà sul nesso, secondo lui indissolubile, che esiste tra scienza e democrazia, tra sapere critico e libertà, tra illuminismo e rifiuto dell’ autoritarismo. Tuttavia il titolo “La matematica come esperienza di libertà” sembra concentrare il tema in un solo ambito, appunto quello matematico.
«Ci sono due motivi» spiega Giorello «per i quali ho scelto il binomio matematica-libertà, piuttosto che genericamente scienza-libertà. Il primo lo devo a un grande matematico del passato come Georg Cantor, il quale diceva che “L’essenza della matematica è la sua libertà”. Georg Cantor il creatore della teoria degli insiemi, grande studioso dell’infinito matematico della seconda metà dell’Ottocento, diceva che senza la matematica c’era meno libertà. Che è una grande esperienza di libertà intellettuale. Ma c’è di più: proprio la possibilità aperta da Cantor di una interrogazione sull’infinito non più semplicemente come concetto limite racconta come la libertà della matematica le consenta di spingersi su qualsiasi terreno, anche quello più difficile da pensare per l’uomo».
Ma per Giorello, ed è il secondo motivo della sua scelta, è vero anche che la matematica innerva tutta la scienza, ed è quindi ciò che consente alle altre scienze di interpretare i dati naturali: «Chi si occupa di scienza in qualche modo accetta l’idea galileiana che “il libro della natura è scritto in lingua matematica, e i suoi caratteri sono triangoli, cerchi”. Ma Galileo dice anche che chi non bazzica la geometria è costretto ad aggirarsi per oscuri labirinti e diventare preda delle opinioni altrui, cioè è costretto a seguire l’autorità di altri invece di ragionare di testa propria».
Dunque la matematica libera l’uomo, lo rende padrone delle proprie idee, ma anche inviso al potere: «C’è un aneddoto divertente» racconta il filosofo «che spiega bene la cosa. Talete, secondo alcuni l’iniziatore della geometria, è costretto a fuggire dall’Egitto dopo aver risolto il problema di come misurare l’altezza di una piramide senza salirci sopra, perché un consigliere gli si avvicina per dirgli che i tiranni non amano la geometria».
Oggi in circolazione c’è un nuovo antiscientismo che Giorello anche coi suoi interventi polemici prova a combattere: «È sempre stata la paura» dice «a spingere gli uomini contro la scienza. Sta accadendo anche negli ultimi anni con un miscuglio di ecologismo malinteso e di politicamente corretto. La scienza ci insegna il sapere critico, e giustamente deve essere critica anche verso se stessa, ma questo non significa diffidarne. Chi diffida non vuole assumersi la responsabilità di capire, come invece ci ha insegnato l’Illuminismo. Io ammiro Olmi come regista, ma non penso all’ Albero degli Zoccoli come a un mondo felice. Sono sogni regressivi dettati dalla paura. Sugli alberi deve crescere qualcosa: ai tempi di mio padre nelle Langhe i contadini mangiavano le radici delle erbe per sopravvivere, come descrive bene Fenoglio: non possiamo sognare la decrescita. La scienza è libertà anche dalla povertà. Per questo, come diceva il mio maestro Renè Thom, il matematico ha diritto a una libertà senza limiti. Io direi addirittura il dovere di una libertà senza limiti».
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova