«Gl Events, ci sono gli elementi per revocare la concessione»

PADOVA. «Nello stesso settore e sempre qui a Padova ci sono società che crescono a un ritmo del 20% all’anno». Andrea Olivi, ex amministratore delegato di PadovaFiere, parte da qui.
Era il gennaio del 2008 quando venne ufficializzato il suo divorzio dai francesi di Gl Events. Un addio che fece rumore visto che Olivi guidò la società di via Tommaseo verso la privatizzazione portandola (bilancio 2007) a 23 milioni di ricavi con un margine operativo lordo di oltre 2,2 milioni. «Diverse idee sullo sviluppo del business» riassume oggi Olivi. Che rispetto alla situazione attuale di PadovaFiere risponde così: «Padova ha un potenziale intatto e in questa provincia ci sono competenze di assoluto rilievo. E poi il contratto di gestione di Gl Events può essere risolto in caso di inadempienza. Nessuno, nel corso del tempo, ha esercitato un’attività di controllo. Oltre alle manutenzioni del quartiere erano previsti investimenti per 5 milioni di euro in nuove manifestazioni. Qualcuno ha chiesto conto? I soci pubblici hanno controllato?».
Interrogativi ai quali, anche indirettamente, Olivi non vuole rispondere. Eppure PadovaFiere e il futuro del settore non sono certo parentesi chiuse per l’avvocato. «Nella nostra provincia esiste un gruppo come GiPlanet (del quale Olivi è consulente, ndr) che di mestiere fa l’allestitore di spazi fieristici, conta 10 mila clienti , è socio al 49% di Veronafiere Servizi, lavora con le principali società del settore e ha visto esplodere il suo fatturato da 10 a 30 milioni di euro» sottolinea riallacciando il ragionamento alla società padovana che con le fiere cresce a un ritmo del 20% all’anno. «E proprio nell’integrazione e nello sviluppo dei servizi ci sono margini per pensare a un futuro di crescita per via Tommaseo. Ai francesi, però, sembra non interessare».
Olivi lo sostiene perché – spiega – «nel 2012, con GiPlanet, abbiamo proposto a Gl un piano industriale di implementazione dell’attività di PadovaFiere. Un piano industriale vero e proprio con due possibili forme di coinvolgimento: o attraverso un contratto di gestione manageriale o tramite l’acquisto del 51% della loro quota. Con noi c’erano degli investitori interessati ed eravamo pronti a mettere sul tavolo circa 5 milioni di euro».
Dopo qualche contatto il progetto non è decollato e «nel frattempo PadovaFiere ha perso specificità, ricavi e professionalità. Le esigenze del mercato fieristico italiano sono più sofisticate di quello francese, servono competenze settoriali che non si inventano da un giorno all’altro. E non vedendo quello di cui si ha bisogno si fanno delle scelte sbagliate».
Nessun pentimento, comunque, sulla necessità di privatizzare PadovaFiere. «Era fondamentale, la società aveva 9 milioni di fatturato e 20 milioni di debito. E nemmeno sulla scelta di Gl: la loro era oggettivamente la proposta migliore, tanto che ci sono impegni precisi sugli investimenti da realizzare nel contratto che regola la gestione. Poi se nessuno ha controllato è un altro discorso. I francesi se ben condotti e continuando il lavoro nell’alveo di quanto pianificato nel 2007, potevano essere una risorsa incredibile. Mi sono molto ricreduto sulla loro presenza, però, quando hanno iniziato a licenziare». Olivi fa i nomi. «Come si fa a licenziare Paolo Coin per altro senza patto di non concorrenza? Come si fa a licenziare Plinio Romagna che portava 4 milioni di ricavi all’anno? Come si fa a mandare via Giuseppe Maci che garantiva 8 milioni di euro di fatturato all’anno? Come si fa, ancora, a liberarsi di Enrico Bernardin, il project manager del Flormart? Scelte dettate da supponenza, non vedo altre ragioni possibili».
Immaginare un futuro di PadovaFiere senza i francesi, conclude Olivi, non è utopia. «I soci pubblici portino allo stesso tavolo GiPlanet, Baccaglini (Auto e Moto), Rossi (ArtePadova), Zed, Bano, Multimedia Tre (società padovana che organizza fiere) e altri operatori locali del settore che sicuramente dimentico. Padova può essere ancora un punto di riferimento nel settore ma servono capacità professionali».
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