Gli ex della banda Maniero erano i “re” della cocaina

Due appartenenti alla Mala del Brenta si rifornivano da un uomo di etnia sinti Procuravano droga ad una rete di spacciatori. Guadagni per 30 mila euro a testa
Di Enrico Ferro
FERRO - OPERAZIONE MASTERCHEF IN QUESTURA.
FERRO - OPERAZIONE MASTERCHEF IN QUESTURA.

C’è il fornaio, c’è il barbiere, c’è il piccolo imprenditore ma in testa a tutti ci sono sempre loro: gli ex della Mala del Brenta. Perché se sei cresciuto a pane e rapine, se per anni sei stato uno degli scagnozzi di Felice Maniero, il destino è già tracciato. Sicuramente sono segnati quelli di Antonio Maniero, 58 anni, residente a Sant’Angelo di Piove ma domiciliato a Camponogara e di Giuliano De Checchi, 54 anni, originario di Fossò ma anch’egli residente a Camponogara. Quando avevano trent’anni facevano irruzione in banche e uffici postali con pistole e passamontagna, ora che sono alla soglia dei sessanta si sono riciclati con il traffico di cocaina. Riuscivano ad avere quella buona dalla Colombia ma quando il canale è stato stroncato, sono stati in grado di aprire un contatto nuovo, del tutto inedito. Si facevano arrivare la droga da Luca Marcato, di etnia sinti, sfatando così l’assioma che chi appartiene a questa razza non si sporca le mani con la droga. Quattordici indagati, nove misure cautelari di cui sei in carcere e tre agli arresti domiciliari: sono i numeri dell’operazione “Masterchef” condotta dalla Squadra mobile di Padova. Ieri mattina all’alba gli arresti e le perquisizioni tra Padova e Venezia.

Il cuoco con la cocaina

Tutto è nato da un cuoco di Abano con la passione per la cocaina. È stato fermato in Lombardia e sulla base di questa operazione la Dda ha scoperto una rete di trafficanti di droga sull’asse Colombia–Lombardia-Veneto. La parte veneta era gestita direttamente da De Checchi e Maniero che non hanno esitato a ricreare un altro canale di approvvigionamento nel momento in cui è venuta a mancare la coca colombiana. Volevano ancora droga e quindi si sono rivolti a lui, a Luca Marcato. Riuscivano a procurarsene due o tre etti a settimana e chiaramente il loro non era un giro “al dettaglio”. Avevano rapporti con una rete intermedia che poi si preoccupava di vendere la cocaina nelle piazze di Padova e provincia. Così guadagnavano 30 mila euro al mese.

Indagini difficili

Gente scafata, persone abituate a vivere con la polizia alle calcagna. Sapevano di essere “nel mirino” e quindi hanno messo a punto tutti i sistemi per non farsi scoprire. Conversazioni telefoniche ridotte all’osso, scambi droga-denaro fulminei e in luoghi riparati. Avevano addirittura un apparecchio in grado di bonificare qualsiasi ambiente dalle microspie per le intercettazioni ambientali. Gli investigatori, guidati dal vice questore aggiunto Marco Calì, ci hanno messo un anno prima di stringere il cerchio intorno a questa organizzazione. Giorni e giorni di inseguimenti, appostamenti e servizi di osservazione. Sulla base dei dati raccolti dalla Mobile di Padova il pm Benedetto Roberti ha chiesto e ottenuto dal gip Cristina Cavaggion le misure di custodia cautelare. Ieri, nel corso delle perquisizioni, sono spuntati altri 170 grammi di cocaina. Perché se sei stato uno scagnozzo di Maniero, questo è ciò che riesci a fare.

e.ferro@mattinopadova.it

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