Gli stereotipi sono come i nei: e ci tocca tenerceli

La rubrica dell'artista Cris Righi, padovano emigrato in Russia per insegnare la lingua italiana

Sulla Russia, di luoghi comuni, ne esistono diversi: in agosto nevica, i russi bevon vodka a tutte le ore, le donne sono  bellissime, alte, bionde e con gli occhi azzurri.

Come ogni stereotipo che si rispetti, ognuno di questi è un'esagerazione di qualcosa che esiste veramente. A parte l'ultimo. Perché lo si deve ammettere: le donne russe possiedono davvero delle fattezze semidivine, c'è poco da fare. Con una dovuta precisazione: non è assolutamente vero che qua son tutte Barbie. Perché -come avviene proprio per le cose più belle- è nella mescolanza dei loro tratti che risiede la ricchezza.

La bellezza russa è infatti assolutamente inclassificabile: i lineamenti dei viso sono molteplici, i segni orientaleggianti e gli occhi a mandorla abbondano, la carnagione passa dal bianco latte al cioccolato mediterraneo e l'unico colore di capelli che scarseggia è il rosso.

Pochi giorni fa, in visita ad una dacha di una cara amica, mi son ritrovato a fare delle foto alla piccola nipotina. Che -ma guarda un po'- possiede invece i tratti che ci aspetteremmo da una russa: occhi di mare e capelli d'oro, con l'aggiunta di due simpaticissime fossette che rendono il suo innocente sorriso ancor più intrigante. Le foto sono venute benissimo, nemmeno una ha fallito di catturare le emozioni che sa esprimere il volto di un essere obiettivamente bello. È innegabile che il concetto di “bellezza” sia fondamentale nelle nostre vite, alla menata di “è bello ciò che piace” non ci crede nemmeno quello che l'ha inventato quella volta. Ma è un mistero di come si sia arrivati a concepire e poi definire uno standard di bellezza, a pensarci bene. Eppure, nonostante non ci sia insegnato a scuola, sappiamo tutti molto facilmente dare a quest'idea notevole importanza, soprattutto noi italiani che, da maestri esteti quali siamo, usiamo il termine “bellezza” non solo per la buccia delle cose ma anche per definire il loro l'interno.

Si pensi semplicemente a esclamazioni come “Bel film”, “Bel libro”, o addirittura “Bella canzone” (come se la ascoltassimo con gli occhi), o a una domanda intramontabile: “Cosa fai di bello oggi...?” Riguardo le immagini della piccola. Mi chiedo: come crescerà? È giusto renderla quotidianamente cosciente dell'innegabile fatto che sarà per sempre una donna dalla bellezza mozzafiato? Riuscirà a trovare degli altri valori, venendo su? Potrà, da adulta, staccarsi da quell'ideale di ragazza-immagine che tutti gli avremo da anni ormai appiccicato addosso? Più scorro le foto, però, più mi rendo conto anche di un'altra cosa: non sono i ritratti in posa, quelli a sembrarmi davvero intensi, ma quelli in cui la frugola, non sapendo d'essere ritratta, assume delle profonde espressioni di riflessione, come se sotto a quell'innegabile splendore ci sia un'anima ricca e multiforme, inquieta e variegata, inclassificabile proprio come la bellezza russa.

Divertente a questo proposito pensare ad un altro stereotipo comune su queste parti: più o meno tutti crediamo che la rinomata “Piazza Rossa” sia detta “rossa” per il colore delle mura che la abbracciano o magari in onore di vermigli fasti comunisti. Commettendo invece un grave errore: il termine “Rosso” infatti proviene dall'antico russo “krasniy”, che -ma guarda un po'- secoli or sono significava esattamente... “bella”. Ecco, speriamo allora che la nostra meravigliosa piccolina sia proprio come la sua incantevole “Piazza Rossa”: bellissima fin da quando è nata, ma da grande non troppo interessata a che glielo si continui a ricordare. O è un sogno troppo bello?

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