«Grave infezione scambiata per herpes»

Una fascite necrotizzante alla gamba sinistra che in pochi giorni l’ha portata alla morte scambiata per un banale herpes. Per ora siamo in fase preliminare e si tratta solo di indagini, ma l’incidente probatorio deciso dal pubblico ministero Francesco Tonon ed effettuato ieri, direbbe questo. Ossia precise responsabilità per errori di diagnosi e omissioni.
Il caso è quello che è costato la vita ad una cittadina cinese di 45 anni. È il 16 ottobre scorso quando Miao Jianfei, residente in via Buonarroti all’Arcella, sposata e madre di due figli, muore in un letto d’ospedale dopo aver contratto l'infezione. Sono sei i medici dell’Azienda ospedaliera finiti sotto nel registro degli indagati per omicidio colposo: tre in servizio al Pronto soccorso, un radiologo e due specializzandi (di Anestesia-rianimazione e Chirurgia plastica). Ma la posizione più grave dovrebbe essere quella del medico Andrea Bortoluzzi, ovvero quello che l’ha vista la prima volta al pronto soccorso. Ieri l’incidente probatorio effettuato dal professor Pierluigi Viale, ordinario di malattie infettive all’Università di Bologna, perito del giudice Lara Fortuna ha concluso per ascrivere delle responsabilità a sei medici. Ma 5 di questi, seppur potrebbero avere qualche colpa, si erano accorti della fascite che già era in stato avanzato e non avrebbero potuto evitare la morte della cinese. Per Bortoluzzi invece la questione sarebbe diversa. La sera del 14 ottobre è lui che la visita e la rimanda a casa, optando che la paziente sia affetta da herpes. Le troppe ore che la donna passerà a casa sono determinanti per l’aggravamento delle sue condizioni che non le lasceranno scampo. Il consulente tecnico della procura (il dottor Dario Raniero dell’Istituto di medicina legale di Verona) aveva concluso la sua memoria individuando un errore diagnostico nell’operato del medico intervenuto non ci sarebbe un rapporto causale tra la morte della sfortunata signora e la condotta del sanitario. Di più, ha escluso qualsiasi colpa per quanto riguarda gli altri medici che si erano occupati della donna l'indomani. Al contrario il consulente della famiglia, il dottor Fabio Fenato di Padova, aveva ritenuto responsabili tutti i medici indagati.
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