Grazie a quelle divisioni Trieste rimase italiana

“Mantova”, “Folgore” e “Ariete” a Vittorio nel 1952. Ecco il ruolo fondamentale sostenuto da quelle unità durante gli anni di crisi con la Jugoslavia
Di Lorenzo Cadeddu *

di Lorenzo Cadeddu *

Da qualche tempo la stampa locale dedica ampi spazi alla partenza da Vittorio Veneto per Firenze del Comando del 1° Comando delle Forze di Difesa e, conseguentemente del Comando della divisione Mantova. Questi movimenti non postulano solo conseguenze di ordine economico ma anche di natura storica. Pochi, infatti, conoscono la storia di queste grandi unità che hanno contribuito a fare questa nostra Italia così come oggi la viviamo. La nascita del 1° FOD, già 5° Corpo d'Armata, risale al lontano 1860 e prende parte a tutte le principali vicende risorgimentali mentre la divisione Mantova venne costituita nel 1915 per le necessità del 1° conflitto mondiale. Le vicende più recenti, quelle degli ultimi sessant'anni, legano indissolubilmente la storiografia dei due Comandi tra loro e alle più generali vicende della guerra fredda.

Torniamo al 1947. Il maresciallo Tito chiede in tutte le sedi internazionali che i confini tra Italia e neonata Repubblica di Jugoslavia coincidano con il medio e basso corso dell'Isonzo. Gli italiani e in particolari quelli delle regioni di confine vivono quel periodo, in un continuo stato d'angoscia. Cosa accadrà quando gli eserciti alleati lasceranno l'Italia? L'esercito italiano è numericamente modesto, carico di problemi esistenziali, veste uniformi britanniche, è armato con armamento inglese e dovrà, da solo, presidiare i confini contesi. In questo clima la divisione Mantova da Varazze viene ridislocata in Friuli per essere schierata sul confine italo-jugoslavo. E sarà il suo 114° fanteria, con alla testa il Col. Gualano, che il 16 febbraio 1947 entrerà a Gorizia rendendola, di fatto, nuovamente italiana. Inizia così un lungo periodo durante il quale la Mantova sarà la sentinella, sicura e silenziosa, sui nostri confini orientali. Nel 1950, però, l'Italia è attraversata dal pericoloso deteriorarsi dei rapporti (peraltro inesistenti) tra Italia e Jugoslavia ma che portarono l'on. Togliatti a chiedere alla Camera la cessione di Gorizia in cambio della piena sovranità italiana su Trieste. Tra alti e bassi si giunse al 1952. Il 1° maggio a Padova viene costituito il Comando del 5° Corpo d'Armata che pochi mesi dopo, il 30 settembre, viene trasferito a Vittorio Veneto, a ridosso delle sue grandi unità: le divisioni Mantova, Folgore e Ariete oltre a reparti ed enti minori. La nuova grande unità è comandata dal generale Carlo Biglino e deve fronteggiare la difficile situazione in cui si viene a trovare la frontiera orientale a causa di un forte discorso che il Presidente del Consiglio, on. Pella, aveva pronunciato nel mese di agosto da Venezia e durante il quale ammonì gli alleati di non sottoscrivere la cessione di basi militari alla Nato se l'Italia non avesse ottenuto la sovranità su Trieste. La reazione di Belgrado fu violenta tanto da indurre il Governo ad adottare misure militari in corrispondenza della frontiera tra Italia e Jugoslavia. Mentre il Genova cavalleria veniva spostato sul Carso triestino, lo Stato Maggiore del 5° Corpo d'Armata, su indicazione del Governo, progettava un’azione di fo. rza su Trieste per indurre gli alleati alla soluzione del problema in senso favorevole all'Italia. Il 20 ottobre vennero trasferite ad est del meridiano del Tagliamento la divisione di fanteria Cremona e le brigate alpine Taurinense e Tridentina che andarono a completare lo schieramento delle grandi unità già presenti. Era iniziata la cosiddetta “esigenza T” dove T voleva dire Trieste. Due scaglioni vennero trattenuti alle armi e 13.000 specializzati vennero richiamati dal congedo. In questa situazione si giunse al fatidico 4 novembre 1952 quando nel capoluogo giuliano la polizia britannica rispose ad una manifestazione di italianità sparando sulla folla e provocando 6 morti e 77 feriti. Finalmente le acque pian piano si calmarono e il 5 dicembre il Premier Pella incontrò Roma l'omologo Pavic Gregoric con il quale concordò la simultanea smobilitazione della frontiera.

Si giunse, così, al 5 ottobre 1954 quando il nostro ambasciatore a Londra, Manlio Brosio, sottoscrisse a Londra il cosiddetto “Memorandun d'Intesa” che di lì a poco restituirà Trieste all'Italia. Al 5° C.A. subentrò in comando il gen. Edmondo Renzi, già sottocapo di Stato Maggiore e Presidente della Commissione per la rettifica del confine italo-jugoslavo. Il ritorno di Trieste avvenne il 26 ottobre del 1953 con l'ingresso in città del gen. De Renzi nelle vesti di Governatore militare e delle truppe del Raggruppamento “Trieste” mentre l'82° fanteria iniziava a presidiare i valichi con la Repubblica di Jugoslavia. Quel giorno lo storico quotidiano triestino “Il Piccolo”, che aveva cessato le pubblicazioni dal 1° maggio 1942, uscì con questo salutò alle truppe: “Benvenuti soldati d'Italia”. Ora questi comandi cui le popolazioni veneto-friulane debbono tanto in termini di sicurezza, lasciano i consueti insediamenti in virtù di non si comprende cosa….

* Colonnello, Presidente

del Centro Studi Storico

Militari “Piero Pieri”

di Vittorio Veneto

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