Guerra dei Roses da 25 anni Lei lo pignora con un falso

È la Guerra dei Roses, ovvero quando l’amore volge all’odio. E allora via a una guerra che – al contrario del film dove il duello letale fa finire tutto – qui è sempiterna. Da 25 anni. A colpi di denunce, carte bollate, provvedimenti giudiziari vari.

L’ultimo è la sentenza di condanna a un mese per falso ideologico a carico dell’imputata-avvocato Patrizia Longo, 65 anni, l’ex moglie finita a processo dopo la denuncia dell’ex marito. Ex che, nel 1994, aveva dato il via all’infinita querelle con la richiesta di separazione. Una richiesta percepita come una dichiarazione di guerra tanto da innescare una lotta senza esclusione di colpi nella quale lui ha perso tutto. O quasi. Ora c’è la motivazione della condanna nei confronti dell’avvocato Patrizia Longo che ha tentato di pignorare un immobile situato in via San Biagio 38 venduto dal marito alla società Aurora con atto del 16 novembre 1999. Il legale sapeva della validità di quell’atto di compravendita. E del fatto che la sua efficacia era parziale solo nei confronti di lei, che aveva trascritto il sequestro conservativo del bene l’8 agosto 1998. Insomma l’immobile non era più dell’ex marito ma della società Aurora.

Eppure il legale «aveva (falsamente) dichiarato nella nota di trascrizione del pignoramento del bene presentata all’Agenzia delle Entrate che una sentenza del tribunale del 2008 aveva pronunciato l’inefficacia dell’atto di compravendita e del rogito». Al contrario la sentenza aveva riconosciuto la piena validità ed efficacia della compravendita bocciando ogni istanza con la quale la legale voleva far dichiarare che si trattava di una vendita simulata. La sentenza si era limitata a dichiarare l’inefficacia parziale della vendita solo nei confronti della Longo. Scrive il giudice nel motivare la condanna: «.... la nota di trascrizione (con la falsa dichiarazione) avrebbe dovuto indicare l’esatto nome del proprietario del bene, l’associazione Aurora e non l’ex marito, e la situazione giuridica del bene che era stato alienato nel lontano 1998 con atto valido e gravato da sequestro».

Da parte del legale «c’era la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione». Il motivo? Far risultare come proprietario del bene l’ex marito per aggredirlo con le procedure esecutive. E così è stato: «... l’imputata prima ha annotato la sentenza in modo errato e poi... ha effettuato nei confronti dell’ex marito il pignoramento immobiliare trascritto». Un atto di guerra. L’ennesimo nel lungo “corpo a corpo” tra ex coniugi iniziato nel luglio 1994 quando l’uomo, psicologo, presenta richiesta di separazione. Il legale ottiene dal giudice un provvedimento provvisorio a carico di lui per il mantenimento dei tre figli (4.500 euro mensili). Così trascrive ipoteca giudiziale su tutti gli immobili di proprietà del coniuge. L’ex reagisce (sempre davanti al giudice), lei replica che non paga gli alimenti e, nel 1998, ottiene il sequestro degli immobili per 750 mila euro più 50 mila di interessi. Nel 2007 un immobile dell’ex viene mandato all’asta e la legale incassa 374.263,32 euro oltre a 38.051,86 euro di spese. Nel frattempo, 4 anni prima, aveva citato a giudizio l’uomo contestando che la vendita dell’edificio in via San Biagio era “finta”. Si va avanti con atti e contro atti. L’esecuzione nei confronti del bene in via San Biagio è bloccata da dalla Corte d’appello nel 2016 «accertato che l’avvocato ha percepito 407.542 euro e che la somma eccedeva il limite del sequestro concesso dal tribunale». —

Cristina Genesin

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