Hydrogen, ricavi 2015 a 12 milioni (+20%) «Ora Usa e linea golf»

Nuova apertura in Giappone, primo mercato per il “teschio” Il patron Bresci: «Vogliamo diventare un marchio globale»

PADOVA. Un fatturato 2015 che ha toccato i 12 milioni di euro, in crescita del 20%, con una trazione estero (dove viene realizzato il 73 per cento dei ricavi) che ha nel Giappone il primo mercato in assoluto.

«Hydrogen in Giappone è considerata una griffe e i volumi che realizziamo in quest’area sono più alti di quelli che l’azienda consegue in Italia». Alberto Bresci, stilista e fondatore del marchio dell’abbigliamento sportivo di lusso (ben identificato dall’oramai famoso teschio), si sta concedendo un week-end padovano prima di ripartire per Tokyo. «Venerdì inauguriamo un monomarca diretto da oltre 200 metri quadrati nel department store del lusso Omotesando Hills» spiega Bresci che nel 2003, insieme ad altri cinque amici, ha creato Hydrogen. «Siamo arrivati in Giappone 10 anni fa: cercavano uno stilista-imprenditore, un Armani giovane per intenderci, e per questo Hydrogen ha fatto breccia. Questo è stato fondamentale per la nostra crescita qualitativa, vista la spasmodica attenzione alla qualità e al made in Italy dei giapponesi».

Dopo Tokyo Hydrogen sbarcherà anche a Dubai, a Galeries Lafayette, grazie al partner Ginza con il quale è stata aperta una vetrina nel prestigioso Dubai Mall, punto nevralgico dello shopping di lusso degli Emirati Arabi. «Ma il nuovo mercato sul quale puntiamo molto per il 2016 sono gli Stati Uniti» prosegue Bresci. «Abbiamo sempre fatto molta fatica ad entrare in questo mercato per via del dollaro e dei dazi. Ora, però, il momento è arrivato anche perché i gusti degli americani stanno cambiando. Anche loro cercano dell’abbigliamento sportivo di nicchia e quindi abbiamo deciso di fare un primo passo nella distribuzione. Inizialmente andremo in negozi multimarca ma poi, entro il 2017, l’obiettivo è quello di aprire un monomarca a New York o Los Angeles».

Hydrogen, che oggi impiega 40 addetti diretti, è diventata famosa per il co-branding (dalle felpe a marchio Fiat fino all’ultimo accordo in ordine di tempo con Duvetica per una collezione limitata di piumini) ma l’obiettivo per il futuro, spiega Bresci, «è quello di diventare un marchio globale». Diciassette i produttori che realizzano i diversi capi per l’azienda padovana. «Quindici sono italiani, uno rumeno e uno turco. Questi ultimi due sono stabilimenti esteri di imprese italiane». E sul solco del riconoscimento globale va anche l’ingresso nel mondo dello sport. Il tennis, per ora, «dove siamo gli unici a fare capi in poliammide e non, come i colossi, in poliestere». Sono fibre molto più traspiranti, scelte, ad esempio, da Filippo Volandri e Simone Bolelli «che ha portato il nostro teschio agli ottavi di finale di Wimbledon». Dopo il tennis arriverà il golf, «lo sport più praticato in Giappone», e un vero e proprio accordo di licenza con un’altra azienda padovana, JPlus, per consolidarsi anche nell’occhialeria. Nonostante le molte offerte di partnership o acquisizione, Bresci tiene duro «i tempi non sono ancora maturi». E fissa un obiettivo. «Arrivare ad aggiungere uno zero all’attuale fatturato di Hydrogen».

Matteo Marian

m.marian@mattinopadova.it

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