I ragazzi di Teolo raccontano l’integrazione e il ministro Kyenge risponde ai loro temi

TEOLO. «Caro ministro , ti scrivo…». E il ministro risponde: «Cari ragazzi vi dico...». È l’incipit delle rispettive lettere con cui studenti e insegnanti della terza D dell’istituto “Tito Livio”...

TEOLO. «Caro ministro , ti scrivo…». E il ministro risponde: «Cari ragazzi vi dico...». È l’incipit delle rispettive lettere con cui studenti e insegnanti della terza D dell’istituto “Tito Livio” di Bresseo di Teolo, hanno scritto e ricevuto come risposta dal ministro per l’Integrazione, Célice Kyenge. Più di uno scambio di cortesia, un atto di sensibilità: «Un risultato che va oltre le nozioni e i paradigmi scolastici, spesso al centro di tagli e critiche aspre» affermano le insegnanti di Italiano e Matematica alla scuola media, Elisabetta Barbaro e Maria Ebe Bertini «frutto dell’integrazione tra individui culturalmente differenti». In questo è racchiuso l’intento professionale delle due insegnanti, che hanno il pregio di essere «positivamente impressionate dalla sensibilità dei loro alunni». Studenti poliglotti, figli di immigrati e spesso con storie complesse, ma cittadini di questa Italia che cambia: «Il nostro» aggiungono le due insegnanti con la lettera del Ministero in mano «è un rapporto privilegiato che riguarda una classe composta da otto ragazzi stranieri e sedici italiani, dove l’integrazione è pane quotidiano».

Il termometro su uno dei temi di cui si dibatte in Italia, l’integrazione, le due insegnanti di Bresseo dicono di averlo quando i ragazzi si esprimono in classe: «I temi» spiega la professoressa Barbaro «sono una sorta di cartina tornasole per capire lo sviluppo dell’alunno e il suo rapporto con il resto del mondo». Da qui il titolo di un elaborato proposto ai ragazzi come verifica di Italiano: «Scrivi in una pagina di diario, emozioni e riflessioni, legate all’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado. Quest’anno dovrai compiere scelte significative. Scrivi le tue riflessioni in proposito».

«Correggendo gli scritti» spiega la docente «in particolare quello di un ragazzo thailandese e di un romeno in Italia da qualche anno, ho capito quanto la scuola debba fare di tutto per vincere la sfida dell’alterità, dell’indifferenza verso il “diverso”. Se vince il “buono” della scuola, avremo vinto un po’ tutti». «Quando sono arrivato qui» scrive nel suo tema, Chattawan, 15 anni della Thailandia «il primo anno ho avuto parecchio timore di questo Paese. Timore che si scagliassero contro di me, visto che sono diverso, e in classe sono l’unico orientale. Ammetto invece che è stato diverso. Mi sono sentito avvolto, con le braccia aperte senza l’inquietudine di “sporcarsi”». «A volte» conclude il ragazzo «vediamo la scuola come “una rottura”, ma prima di addormentarmi penso di pronunciare la parola “grazie”. Grazie a tutti, senza di loro non sarei mai stato nulla».

Ha scritto di avvenire anche Catalin, 13 anni romeno: «Sinceramente, non ho nessuna idea, non posso decidere dove andare perché i miei gusti sono “scompigliati”. Quando ci penso mi vengono i brividi, provo paura, disperazione e mi pongo le stesse domande. Sono troppo giovane per le responsabilità, ma per adesso godo di quest’ultimo anno alle medie. Quando ero in prima, avevo paura di iniziare, adesso invece ho paura di finire. Mi mancherà questo posto, i bidelli, i professori, tutte le amicizie che ho stretto. Iniziare da capo mi spaventa… quello che posso fare ora, è guardare dentro di me e capire cosa voglio diventare». Pensieri di due adolescenti che vivono la scuola come presente e futuro: «È il motivo per cui ho sentito il dovere di rivolgermi al ministro Kynge» dice la professoressa «per esternarle una volta tanto un sentimento positivo di quell’Italia che funziona anche grazie agli altri». E il ministro ha risposto con una missiva alla classe, dicendosi «emozionata per le parole scritte dai ragazzi». «Se questi sono i vostri ragazzi» aggiunge il ministro «ho la certezza che la nostra gioventù vada nella direzione giusta…Ogni occasione di ricerca e di dialogo, è un piccolo passo fatto nella direzione dell’integrazione, del rafforzamento delle “buone pratiche” che devono essere il terreno su cui lavorare per superare i limiti ed aprirsi alla conoscenza dell’altro e del diverso». «Auguro ai vostri ragazzi» conclude il ministro «di percorrere con gioia il lungo cammino che li aspetta, non dimenticando mai che il punto di forza sarà sempre lo spirito che anima l’impegno».

Antonio Gregolin

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