I sette ragazzi reclutati dalla “Mano Nera”

Sono sette ragazzi tra i 17 e i 27 anni, i protagonisti dell’attentato di Sarajevo: Gavrilo Princip, studente, figlio di un postino, sesto di nove fratelli; Danilo Ilic, insegnante e giornalista; Nedeljko Cabrinovic, tipografo della stamperia di stato serba; Trifko Grabez, figlio di un prete ortodosso; Mohammed Mehmedbasic, ebanista musulmano; Cvijetko Popovic, studente diciottenne; Vasco Cubrilovic, il più giovane, appena diciassettenne. I mandanti sono i vertici della “Crnka Ruka” (la “Mano Nera”), società segreta formata da ufficiali serbi; in particolare, il colonnello Dragutin Dimitrijevic, che si fa chiamare Apis, capo del servizio segreto serbo e leader dell’organizzazione, e il maggiore Voja Tankosic, che ha fornito le armi.
Si tratta di un gruppo costituito nel maggio 1911, inizialmente col nome di Difesa del Popolo, nell’alveo del movimento nazionalista pan-slavo il cui scopo è quello di dar vita a uno Stato espressione di tutte le popolazioni serbe, incluse quelle della Bosnia-Erzegovina, annessa nell’ottobre 1908 dall’impero austro-ungarico. L’ala più radicale dell’organizzazione dà poi vita alla Mano Nera, il cui motto è “unificazione o morte”. Di rilievo è la figura di “Apis”: nel 1903 è tra gli artefici principali del colpo di stato che uccide re Alessandro Obrenovic e la regina Draga per mettere sul trono Petar Karageorgevic.
Per mettere a segno l’azione contro l’Austria-Ungheria, vengono reclutati i sette giovani, tutti esponenti della “Mlada Bosna”, la “Giovane Bosnia”. Già nell’inverno tra il 1913 e il 1914 due di loro, Ilic e Princip, parlano dell’ipotesi di assassinare il generale Oskar Potiorek, governatore militare della Bosnia-Erzegovina; quando sanno dell’arrivo di Francesco Ferdinando, individuano in lui il bersaglio ideale. Lo è anche il giorno: domenica 28 giugno è la ricorrenza di San Vito, celebrata in Serbia come festa nazionale. Spiegherà dopo l’arresto Cabrinovic, quello che ha lanciato la prima bomba contro un’auto del seguito: «Ci hanno detto che Franz Ferdinand era un nemico degli Slavi; e benché nessuno ci abbia mai detto di ucciderlo, fu una decisione a cui arrivammo da soli. Siamo tutto ciò che volete, eccetto criminali; siamo gente onesta, animata da nobili sentimenti, siamo idealisti e volevamo fare del bene. Amiamo la nostra gente e moriremo per i nostri ideali».
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