I viaggi a Skopje dell’albanese espulso, allievo prediletto dell’imam radicale
Era un seguace di Sadullah Bajrami, già seguito dall’anti terrorismo. Lui stesso stava indottrinando un connazionale

PADOVA. È uno degli allievi prediletti dell’imam macedone Sadullah Bajrami, come testimoniano le foto scattate durante i suoi frequenti viaggi nella capitale Skopje. L’albanese trentatreenne Caca Shaban, espulso con un provvedimento d’urgenza firmato dal questore Paolo Fassari, è una figura per niente marginale nel complesso scacchiere della prevenzione al terrorismo.
L’indagine. La segnalazione circa il suo percorso di avvicinamento alle posizioni più radicali dell’Islam è giunta grazie all’attività degli analisti dell’Aisi (agenzia informazioni e sicurezza interna): i servizi segreti. La Digos di Padova ha preso in carico l’informazione e sviluppato l’indagine. Caca Shaban, da 14 anni a Padova, marito e anche padre, dipendente di una ditta di pulizie industriali con sede a Santa Maria di Sala, negli ultimi tempi si era avvicinato all’imam Sadullah Bajrami. Quest’ultimo compare nelle carte del Ros dei carabinieri sia nell’indagine sulla foreign fighter italiana Maria “Fatima” Sergio che in quella su Valbona Berisha, la donna albanese residente a Barzago, in provincia di Lecco, fuggita in Siria nel dicembre 2014 insieme al figlio di sei anni. Sadullah Bajrami è sospettato insieme al fratello Omer, imam della moschea della capitale macedone Skopje, di favorire il “proselitismo e l’arruolamento in favore di organizzazioni terroristiche vicine alI’Isis”. Gli uomini della Digos padovana sono riusciti a documentare i viaggi fatti dal trentatreenne albanese in Macedonia per prendere parte ai suoi sermoni.
Lui stesso “maestro”. Dunque c’è molto di più di uno o due post su Facebook nell’informativa degli investigatori della Questura di Padova, che hanno lavorato in sinergia con l’Ufficio immigrazione per l’espulsione dal territorio nazionale. Caca Shaban, oltre ad avere intrapreso un percorso di radicalizzazione aveva anche un allievo: un connazionale albanese che stava indottrinando con le teorie dei tagliagole dell’Isis. Il giudice, nel provvedimento, parla di “idee islamiche di natura jihadista”.
Impulso antisemita. È stato rilevato anche il forte impulso antisemita, lo stesso che l’ha spinto a condividere un post su Facebook con l’effige di Hitler: “Ne ho lasciato vivo qualcuno così un giorno capiranno perché ne ho uccisi tanti”. Il fatto che a Padova la sinagoga sia uno degli obiettivi sensibili, ha contribuito a completare il quadro di pericolosità sociale di quello che poteva sembrare un padre di famiglia come tanti, con dimora in un piccolo appartamento al piano terra in riviera San Benedetto. Nell’informativa della Digos è finito anche un post pubblicato sempre su Facebook lo scorso 11 settembre, con un riferimento alla ricorrenza dell’attentato alle Torri Gemelle in chiave polemica nei confronti degli americani.
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