Il banchetto del vicinato Ritorno all'uguaglianza in salizada San Samuele

Il banchetto a Venezia: domani settima edizione
Il banchetto a Venezia: domani settima edizione
«San Samuele, contrada picola, grande bordel, sensa ponti, cative campane, omeni bechi, done putane» è scritto in un'antica piastrella che un'anziana signora ancora conserva appesa su una parete di casa. In questo spicchio del sestriere di San Marco, in effetti l'unico senza ponti e un tempo affollato di prostitute, è rimasta viva un'antica tradizione veneziana, il banchetto del vicinato, previsto per domani. Siamo nei pressi della Salizada San Samuele, in una contrada che ha visto la nascita o il passaggio di personaggi come Giacomo Casanova, Francesco Querini, Paolo Veronese, Ermanno Wolf Ferrari e di altri che la gente del posto, indicando i palazzi dove sono vissuti, conosce e ricorda, mantenendone viva la memoria.  «Una volta - racconta Clemente Barbato, chiamato Meme, l'organizzatore della cosiddetta festa d'autunno - non c'era la televisione e neppure l'aria condizionata, quindi si usava tirare fuori le careghete e rimanere in calle a giocare o a parlare, ognuno con la sua sedia». Meme è un signore che ha girato il mondo e ha fatto, sottolinea, dodici anni viaggiando come fotoreporter: «l'Italia è mia - dice orgoglioso - la conosco tutta». E' lui che, seduto all'aperto su un tavolino dell'Osteria Bacareto, prende le iscrizioni per la tavolata di domenica, segnando chi porta che cosa e quanto, come la signora Ketty Alverà che ha promesso di preparare 25 chili di macedonia. «Quando ero ragazzo - aggiunge Emilio De Giulio, proprietario del Bacareto e primo supporto per la realizzazione pratica della cena - non c'era differenza tra ricchi e poveri. Qui si giocava e si stava insieme tutti quanti, ognuno portava qualcosa da mangiare e si rimaneva a chiacchierare». Lo stesso si ricrea al simposio di San Samuele, giunto ormai alla settima edizione, ma arricchito dalla partecipazione sempre più in crescita del vicinato (siamo a quota 270, dicono) e al supporto tecnico dell'Istituto Ciliota, dei benefattori del vino (Balan, Dogarina e Bandut) e degli artigiani della Salizada, tutti a contribuire per ricreare una piccola comunità. Venezia, a sentire i pareri che le persone di una certa età si scambiano, è cambiata a partire dall'industrializzazione, quando si è cambiata la struttura urbanistica, costruendo case popolari a Sacca Fisola e spostando gli operai a Mestre. Fino ad allora non c'era nessuna differenza di classi, almeno nella vita della calle o durante la cena, quando si usava stare fuori. «Mi ricordo che laggiù - racconta Emilio indicando la Scuola dei Mureri, l'edificio con squadra e martello in rilievo sulla facciata - vivevano in una ventina di persone che poi sono state spostate. Erano sicuramente povere, ma non venivano escluse da nessuno quando alla sera ci si ritrovava tutti quanti fuori». Una contrada dove adesso vengono acquistati appartamenti costosi, ma che almeno rimane fuori dal circuito turistico, altro fattore che ha spersonalizzato la città, a quanto dicono gli abitanti.  Molte persone che passano davanti all'osteria si fermano a scambiare due parole e a vedere se è rimasto un posto libero, almeno per una persona. Alcuni sono entrati a far parte dello zoccolo duro dell'organizzazione come le famiglie Ratti, Laggia, Bacco e Martinovich. Bruno Bacco, cuore trapiantato dal 1993, si occupa dei trasporti, Alfredo Laggia do detto "Amore" delle lucine colorate, insieme a Sandro Martinovich, ex idraulico, chiamato con simpatia dagli amici "giustacessi", che ricostruisce per filo e per segno com'era un tempo San Samuele: «Qui c'era il fruttivendolo, là il materassaio e laggiù, di fronte al Veronese, sopra al decoratore, c'è la lapide del Sansovino che adesso è ricoperta dall'impalcatura».  La cena, preparata lungo la calle che unisce la Salizada San Samuele alla Scuola dei Mureri, consolida i rapporti sociali, come afferma Annamaria Canotto: «Sono nate molte amicizie, è un'atmosfera bellissima; ognuno porta qualcosa e si conoscono molte persone». Chi partecipa una volta vuole ritornare, soprattutto per l'attenzione data al gentil sesso, sempre omaggiato di un'orchidea, e ai bambini, i quali riceveranno a fine serata un omaggio sorpresa dallo scultore Pierpaolo Zanussi. Tra queste calli, dove convivevano facchini, calzolai e falegnami con i nobili del tempo, la parola che torna nell'immaginario della gente è uguaglianza e appartenenza. Qui tutto viene utilizzato per il banchetto, perfino le tavole dell'acqua alta che servono per posizionare le pietanze e la musica, suonata dal postino Daniele Perolari «quello che in questi anni ha fatto ballare più di tutti». In questa ansa di terra, dove il Canal Grande si piega l'ultima volta prima di aprirsi nel bacino, si banchetta insieme, dimostrando come è ancora possibile conoscere il proprio vicino di casa e, magari, il giorno dopo salutarlo per nome. (v.m.)

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