Il Banco Bpm annuncia la cura dimagrante

Nuove nubi si addensano sul futuro del sistema bancario a Padova. Banco Bpm, figlio della fusione tra Bpm e la Popolare di Verona, ha presentato a inizio marzo, pochi giorni prima dello scoppio dell’emergenza Covid-19, un piano industriale che prevede nuovi tagli al personale: 1.100 per il prossimo triennio. Un procedimento con ogni probabilità coperto ancora una volta con meccanismi di prepensionamento garantiti dal solido Fondo esuberi dei bancari. Uno strumento che continua a fare da cuscinetto tra le esigenze di taglio dei costi delle banche e quelle dei lavoratori.
A Padova i dipendenti di Banco Bpm sono 105, distribuiti nelle 20 filiali rimaste sul territorio dopo i tagli del piano industriale appena concluso (5 filiali). E se ancora nulla si sa delle conseguenze per il territorio dell’annunciato piano industriale 2020-2023, già si susseguono le voci in merito ad una nuova modifica, causata in questo caso dalle conseguenze di medio periodo del coronavirus sul sistema economico nazionale e locale. «Il nuovo piano industriale di Banco Bpm», spiega Emanuele De Marchi, segretario della Fabi di Padova, «paventa una riduzione di sportelli che di fatto andrebbero ad impoverire territori specifici. La Banca inoltre dichiara di voler potenziare il welfare per i dipendenti, ma nel contempo si parla di una riduzione del costo del personale di 140 milioni a fronte di 800 milioni di dividendi agli azionisti. Dichiarano di volerla potenziare del 60%, ma come può essere possibile raggiungere questo obbiettivo se riducono il personale e le filiali?».
«Vogliono aumentare la raccolta diretta con l’aumento delle commissioni di 400 milioni, che tradotto vorrebbe dire vendita porta a porta e spinta ai consulenti finanziari? Finché il quadro non sarà più chiaro e non ci saranno le garanzie necessarie, come sindacato restiamo molto scettici». Già tra 2015 e 2018, secondo fonti Banca d’Italia, sono state circa 100 le sedi periferiche abbandonate dai principali istituti e oltre 1.000 i dipendenti mandati in pensione senza essere stati sostituiti.
Una flessione proseguita anche negli ultimi 2 anni: secondo dati Fabi infatti solo negli ultimi 2 anni il taglio delle filiali ha interessato tutti i principali istituti. 50 le chiusure di Intesa Sanpaolo, dopo l’acquisizione di Popolare di Vicenza e Venetobanca, 40 quelle di Montepaschi, 10 quelle di Unicredit (a cui si aggiungeranno quelle, non ancora identificate dal piano di esuberi da 6000 lavoratori ancora in discussione), 10 quelle del sistema delle Bcc, 5 quelle di Carige e 2 quelle di Friuladria, per citare solo le più significative. «Se si continua di questo passo», spiega De Marchi, «in modo particolare nei paesi di provincia, già fortemente penalizzati per il ridotto numero di mezzi pubblici si priva quella parte di popolazione più fragile, che non sono solo i nostri anziani ma anche le persone con disabilità, di un servizio essenziale aprendo nel contempo la strada agli usurai».
In questo periodo non facile per tutto il nostro Paese, confido, visto che la città di Padova è stata eletta come capitale europea 2020 per il volontariato, nella attenzione di tutti gli Istituti di credito verso questo importante territorio». —
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