Il boom dell’alberghiero a scuola nei container

Negli ultimi 5 anni si è registrata un’impennata di iscrizioni: da 600 a 900
FERRO - FOTOPIRAN - ABANO - SUCCURSALE ISTITUTO ALBERGHIERO
FERRO - FOTOPIRAN - ABANO - SUCCURSALE ISTITUTO ALBERGHIERO
A scuola nei container, come a l’Aquila o Amatrice ma senza il terremoto. All’istituto alberghiero Pietro d’Abano non c’è stato alcun crollo. L’emergenza è semplicemente il boom di iscrizioni registrato tra il 2011 e il 2012. Guarda caso è il periodo in cui è andata in onda la prima edizione di MasterChef Italia. Sono trascorsi quasi sei anni e i container sono ancora lì, con le loro 13 classi all’interno. Il problema dell’alberghiero, scuola che attualmente conta la bellezza di 930 studenti, è proprio questo: lo sviluppo dell’istituto dal punto di vista delle iscrizioni non viaggia in parallelo con lo sviluppo delle strutture che lo ospitano. Dal 2012 in poi è stato un valzer di prese di posizione. Si era arrivato addirittura a ipotizzare il numero chiuso, dando la priorità ai padovani. La realtà è che nulla è cambiato. La scuola continua a imbarcare studenti ma per molti di questi la soluzione è il prefabbricato. Succede in una città a vocazione turistica (e quindi alberghiera) come Abano. È tutto veramente assurdo.


Per capire quanto sono cambiati i tempi, basta consultare il vecchio progetto di quella che doveva essere la nuova sede dell’alberghiero, in via Appia Monterosso. Progetto concepito nientemeno che dall’architetto Paolo Portoghesi. Un corpo a “C” in elevazione su un altro corpo distinto ma collegato. Al piano terra reception, tre cucine, tre ristoranti, un self service, una caffetteria, una pasticceria, una gelateria, un bar e un laboratorio bar. Completava il quadro un auditorium destinato a diventare centro congressi per la città. Oggi leggere la descrizione di quel progetto fa quasi sorridere, non fosse che invece viene da piangere. Di quella costruzione faraonica è stata realizzata solo una minima parte. Ci stanno 18 classi e bisogna ringraziare il cielo.


Così il cuore pulsante dell’istituto Pietro d’Abano è relegato nella sede centrale di via Monteortone, dove tre piastre cottura devono funzionare senza soluzione di continuità dal lunedì al sabato, con 60 alunni a turno che devono stare attenti a non inciampare l’uno sull’altro. La sede principale è stata realizzata nel 1940 e nel corso degli anni ci hanno messo le mani più volte per adeguarla alle esigenze. Finché il numero di studenti oscillava tra i 500 e i 600 tutto bene. Quando c’è stato il boom si sono perse le redini. All’alberghiero c’è una materia che porta il nome di “accoglienza turistica”. Meriterebbe un apposito laboratorio, invece è stato predisposto un tavolo all’ingresso dove entrano tutti. Nella stanza confinante i ragazzi studiano al computer le tecniche per inviare preventivi, rispondere alle richieste dei clienti e confermare le prenotazioni. Quell’aula però era stata concepita come sfogo per la rampa d’accesso riservata ai disabili. Il risultato è che i disabili non ci passano più.


Tornando ai numeri. Sono 930 studenti per 43 classi così divise: 12 in sede centrale, 18 nell’edificio che costituisce la succursale e 13 nei container. I laboratori però sono solo nella sede centrale e questo comporta un disagio non da poco. Ogni settimana i ragazzi che hanno trovato posto nel complesso della succursale devono fare la spola per mettersi alla prova ai fornelli e nelle altre materie pratiche. Con conseguente dispendio di tempo e denaro.


Tre anni fa questa scuola ha compiuto 75 anni. Nell’occasione è stato realizzato un libretto che ne racconta la storia. Dalla fondazione nel 1939 nella Casa del Fascio con 36 studenti, ai quasi mille di oggi. Qui hanno studiato cuochi del calibro di Massimiliano Alajmo, da anni nell’olimpo della cucina italiana.


Chi esce da lì si fa strada nel mondo del lavoro, chi ci rimane per cinque anni si deve accontentare di imparare l’arte nei container.


e.ferro@mattinopadova.it


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