Il caso a Padova: mette incinta la sposa-bambina: condannato a 5 anni

PADOVA. È nata nel 2006, eppure non sa né contare né scrivere. Non è mai andata a scuola come gli altri suoi otto tra fratelli e sorelle, ma il numero potrebbe essere di 11 perché gli ultimi nati non sarebbero nemmeno stati registrati nell’Anagrafe comunale.
Ha l’intelligenza di una bambina in età prescolare, ed è già diventata mamma lo scorso 16 novembre ad appena 13 anni. Mamma di una creatura avuta da un uomo, classe 1987 con il quale ha vissuto in un camper a Cittadella: a lui, è il sospetto, sarebbe stata ceduta (o peggio, venduta per soldi) dai genitori, il padre 50enne e la madre una 40enne, entrambi di origine sinti, una famiglia di nomadi fluviali che vive lungo l’asta del Brenta tra l’Alta padovana e il Bassanese. È quanto sarà accertato dalla procura padovana.
Intanto Luca Caari, il neopapà anche lui appartenente alla stessa comunità ed ex compagno di quella sposa-bambina, è stato condannato a 5 anni di carcere per atti sessuali con minore. E i genitori della mamma-bambina finiranno sotto inchiesta per concorso nello stesso reato.
il giudice
La pronuncia è andata oltre la richiesta della pubblica accusa. Al termine di un giudizio abbreviato che, per legge, prevede lo sconto di un terzo della pena, il gup padovano Mariella Fino ha pure ordinato all’imputato di pagare un risarcimento di 30 mila euro alla vittima che si trova in una comunità protetta, mentre la neonata è stata dichiarata adottabile.
Vittima rappresentata da un tutore (il legale vicentino Erika Gaigher) e assistita dall’avvocato Silvia Filotto (fino a qualche mese fa alle due figure era stato associato un curatore speciale, il l’avvocato padovano Giovanni Lamonica).
Non si è presentato in aula Luca Caari, che vive a Vicenza ed è nato a Palazzolo sull’Oglio nel Bresciano, difeso dall’avvocato trevigiano Andrea Zambon. E la promessa di raccontare la “sua” verità”, è rimasta lettera morta.
Entro il 24 aprile prossimo il giudice depositerà la motivazione della sentenza. Il pubblico ministero Marco Brusegan (che nella precedente udienza aveva sostituito il collega Roberto D’Angelo, titolare dell’indagine) aveva sollecitato una condanna a quattro anni. E la trasmissione degli atti in procura per procedere con l’indagine nei confronti dei genitori: una richiesta accolta dal giudice.
Ma il quadro che è emerso dagli atti dell’inchiesta – inimmaginabile nel XXIº secolo anche per il disinteresse dimostrato dai Servizi sociali verso questi bambini che non hanno mai frequentato la scuola dell’obbligo – è davvero gravissimo.
La vicenda
È solo il caso che porta alla luce una storia di miseria e arretratezza pagata sulla propria pelle dai bambini. A settembre, quando la gravidanza era già avanzata, la famiglia accompagna nell’ospedale di Cittadella la “moglie-bambina”, prima fidanzata poi “sposata” con un rito sinti a Caari.
Dall’ospedale scatta la segnalazione all’autorità giudiziaria di fronte a quella gravidanza iniziata a 12 anni. Lo scorso ottobre il tribunale dei Minori di Venezia sospende la responsabilità genitoriale dei futuri nonni (il procedimento è in corso) e la piccola (incinta) entra in una comunità.
Nonni che non si rassegnano di aver “perso” quella figlia ceduta a Caari, alle spalle precedenti penali per reati contro il patrimonio tanto da essere finito in carcere, vissuto in tanti posti diversi prima di fermarsi a Vicenza. La famiglia della sposa-bambina, invece, si è sempre spostata nel territorio e reclama di sapere dov’è la figlia.
«Mi sono sposata a 13 anni e mio marito ne aveva 22... Noi siamo abituati così» si era difesa la madre della 13enne. Interpellato dai conduttori della trasmissione di Radio 24 “La Zanzara”, Cruciani e Parenzo, Caari aveva risposto piccato: «Al cuore di due persone non si comanda... Io non ho violentato nessuno, a quest’ora sarei in galera. Voi italiani non capite, pensate solo agli schei».
Salvo poi ritrattare e spiegare che aveva voluto aiutare la famiglia: quella figlia in grembo non era sua, si era solo assunto la responsabilità dichiarando di essere il compagno della ragazzina. Alla fine la sua paternità è stata confermata. E l’inchiesta si è conclusa con la richiesta di un processo. In aula il difensore, richiamandosi forse a costumi e usanze sinti, ha osservato che altre sorelline della 13enne sono diventate mamme prima dei 14 anni.
Scuola disertata
Dalle carte processuali è venuta alla luce la tristissima realtà dei bambini (nemmeno certo il numero) di quella famiglia che non hanno mai frequentato la scuola.E una domanda è legittima: come mai nessuno se n’è accorto? Come mai, prima di quella precoce gravidanza segnalata dall’ospedale di Cittadella , oltre all’iscrizione anagrafica, nessuno si è mai preoccupato di verificare che quei fratelli non continuassero a vivere da analfabeti?
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova