Il cimitero di mitra e fucili, 30 mila distruzioni l’anno

Il Ce.Ri.Mant di via Due Palazzi è una struttura d’eccellenza, ci lavorano in 300 Qui viene effettuata la manutenzione di mezzi militari, anche i carri armati Lince

PADOVA. Il cimitero delle armi del Nordest, ma anche di un’ampia zona dell’Italia centrale, è in via Due Palazzi a due passi dal carcere. Qui vengono distrutte migliaia e migliaia di pistole, fucili, mitragliatori, armi da guerra. Nel 2016 addirittura 30 mila pezzi, tantissimi. Le armi vengono schiacciate, sbriciolate, rese inservibili.

Se uno passa dalla strada vede un cancello e una anonima palazzina a due piani, pensa a uno spazio militare esiguo, che ormai ha gli anni, se non i mesi contati. Nulla di più sbagliato. È l’ingresso della caserma dell’Esercito “Bussolin” Centro Rifornimenti e Mantenimento (Ce.Ri.Mant) dove lavorano circa 300 persone, metà civili, quasi tutti padovani, e metà soldati. Dentro gli spazi sono enormi, con capannoni che sembrano degli hangar e palazzi di alloggi e uffici, anche da una decina di piani. I mezzi che entrano ed escono vengono controllati minuziosamente: si apre una prima carraia, il passaggio viene registrato, il veicolo in questione viene controllato anche sotto l’abitacolo, nella scocca con uno specchio, il primo cancello viene chiuso e si apre il secondo. Il tutto sotto gli occhi di telecamere e di personale dentro la garitta e fuori.

Il direttore della struttura è il colonnello Carlo Tornaboni. Ieri non era il giorno migliore per fargli visita, all’indomani dell’inchiesta della Direzione Distrettuale di Cagliari che ha portato all’arresto di un luogotenente dell’Esercito e di un civile in servizio qui, accusati di portar fuori dalla struttura molte armi. «Siamo in attesa di capire come si possano essere verificati eventi del genere, visto che i controlli sono serrati e qui nella base le armi arrivano e vengono distrutte in tempi molto brevi, non esiste un magazzino dove vengono stivate. Qui nessuno è armato ad eccezione dei tre carabinieri che prestano servizio all’interno».

Alla Bussolin arrivano le armi raccolte da tutte le forze dell’ordine - l’esempio classico è di chi si vuole sbarazzare del fucile o della pistola del nonno e la consegna alla stazione carabinieri del suo paese - ma anche dalle procure della Repubblica. Se una persona si vuole disfare di un’arma, questa per forza di cose finisce qua. Arriva di tutto, dalla carabina al mitragliatore dell’Esercito o dei carabinieri che viene ritenuto troppo vecchio, ma anche armi storiche, risalenti alle Guerre Mondiali.

Nessuno tra coloro che lavora qui ha la possibilità (ma vista l’inchiesta vien da dire “teoricamente”) di “salvare” un’arma della quale si è innamorato dalla pressa, portandosela a casa. Nemmeno pagando qualcosa. Qui le armi arrivano per essere distrutte e quella fine fanno. Vengono inserite in grandi macchinari che le schiacciano: quando non ne esce polvere, restano dei pezzi di metallo anonimi. L’unica alternativa possibile è la conservazione delle armi che esperti appositamente indicati ritengano “di interesse museale”. Ce ne sono parecchie, anche se si tratta di una percentuale minima rispetto a quanto viene conferito. In questo caso finiscono nelle bacheche dei musei, dopo essere state rese inoffensive. Ma il fiore all’occhiello della base - un servizio riconosciuto a livello nazionale - è la manutenzione dei mezzi militari: qui arrivano persino i carri armati Lince.

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