Il disoccupato nella villa di Gazzo La doppia vita di Mimmo Basile

GAZZO. L’uomo era disoccupato, ma conduceva una vita lussuosa, di recente era pure andato sulla passerella di Cannes, quella che nei giorni scorsi ha immortalato Di Caprio, Pitt e Tarantino. Domenico Mimmo Basile, 59 anni, viveva a Grossa di Gazzo in una villa con tanto di piscina, dove si godeva il relax - fra palestra, sauna e vasca con idromassaggio – dopo i suoi blitz criminali.
FERMO CONVALIDATO
Il fermo, ieri convalidato, nei confronti di Basile, è scattato nella notte tra martedì e mercoledì - con l'intervento della Guardia di Finanza di Cittadella, comandata dal capitano Giuseppe Taverna - grazie a un'operazione che ha rappresentato l'esito finale del lavoro della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, che ha coordinato ogni mossa con il procuratore capo Nicola Gratteri. Basile è fra le 35 persone legate al clan di San Leonardo di Cutro, compresi il boss Alfonso Mannolo e i suoi figli, accusate dalla Procura calabrese di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, estorsione, usura, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni.
REFERENTE IN VENETO
L'uomo si trova in carcere, dall'ordinanza della Procura è emerso come fosse «il referente dell'associazione nella zona di Padova, Treviso e Vicenza (...) ha dimostrato adesione e fedeltà alla cosca di appartenenza assicurando a quest'ultima la proiezione economica nel territorio veneto».
UN COMPITO CHIARO
Il suo compito era chiaro e definito: avrebbe dovuto «individuare e successivamente avvicinare imprenditori che si trovavano in crisi di liquidità da finanziare in via usuraria o canali di investimento utili a reimpiegare il denaro».
APPROCCIO CORDIALE
L'approccio inizialmente era cordiale: un imprenditore di Altavilla Vicentina, attivo nel ramo dell'import-export, si è messo in affari con i Mannolo grazie al link creato da Basile. Tutto, per la verità, filò assolutamente liscio fino a quando l'azienda veneta iniziò a ritardare i pagamenti. «Ero intimorito da loro», ha raccontato la vittima, «avevo capito che se non li avessi aiutati avrei avuto problemi. Alfonso Mannolo, ad Abano, mi disse: "Tu sei il garante dei soldi di mio figlio e ti ritengo responsabile. Se non pagano quelli, pagherai tu in un modo o nell'altro”».
MOLOTOV ALL’USCIO
E così nel giugno del 2018 il malcapitato si trovò fuori dalla porta di casa una molotov, un mazzo di fiori e un biglietto di condoglianze; un'operazione prontamente rivendicata con una telefonata: «Siamo solo all'inizio». Il 26 dicembre si è ritrovato l'auto bruciato: «Non avevo certezza degli autori, ma avevo l'intimo convincimento che dietro ci potevano essere i Mannolo».
UN PRESTITO A USURA
Basile ha pertanto fatto da tramite anche per far arrivare un prestito di 60 mila euro ad un imprenditore di Camposampiero dai crotonesi; una vera usura: doveva pagare 5 mila euro di interessi al mese e non ce la faceva. «Alfonso Mannolo mi disse che non erano più i tempi in cui le leggi di mafia impedivano di toccare i figli». Anche qui intervenne Basile, che spiegò all'uomo preso di mira che «per recuperare 1.500 euro da un debitore gli aveva messo in bocca una pistola... Mi riferì che i Mannolo potevano arrivare ovunque senza bisogno di spostarsi dalla Calabria, avevano conoscenze anche nel Veronese e, volendo, potevano farmi accadere qualcosa...». —
Silvia Bergamin
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