Il “giallo” delle lettere di Giovanni Verga

Gli eredi padovani: «Sono state vendute nel 1978 per 85 milioni di lire alla Regione Sicilia»

Un’asta parigina saltata, un’indagine della Procura di Roma aperta e, nel mezzo, una serie di lettere originali del padre del Verismo: Giovanni Verga. Ha i contorni di un intrigo internazionale la vicenda che ha recentemente coinvolto anche Padova, quando gli eredi dell’autore siciliano, residenti nella città del Santo, hanno cercato di far luce sull’intricato mistero. Partiamo dall’asta: doveva svolgersi il 5 dicembre a Parigi, ma è stata sospesa dopo un intervento del ministero dei Beni culturali e del Nucleo dei carabinieri tutela del patrimonio culturale, con il sospetto che il materiale non fosse arrivato sul mercato in modo lecito. Sul piatto una serie di carte preziosissime: un manoscritto della “Cavalleria rusticana” “per il cinematografo”, un lotto di 78 lettere (inviate tra il 1880 e il 1916 ai fratelli Pietro e Mario e al nipote Giovannino) e un altro lotto di 198 lettere di Verga ai familiari, tra cui la madre. Ma da dove arrivavano i documenti? L’asta aveva sollevato il sospetto che facessero parte plico affidato nel 1928 alla famiglia romana Perroni, perché ne facesse una valutazione. I Perroni invece trattennero le carte e ne scaturì una lunga e complessa controversia che nel 1978 si concluse con la vendita dell’archivio Verga alla Regione Sicilia. Ma qualcuno dice che il lotto non fosse integrale, e che la parte indebitamente trattenuta sia stata messa sul mercato in varie soluzioni. Ora i fratelli Pier Francesco e Bernadette Verga, entrambi residenti a Padova, cercano di chiarire la questione, con una nota affidata all’avvocato Sergio Chiarenza. Dei documenti, scrivono gli eredi, «è stato scritto che sono gli stessi che nostro padre Pietro avrebbe venduto alla Regione Sicilia nel 1978, senza che nessuno si chieda come possa accadere che un’importante istituzione pubblica compri un bene di cui non soltanto non viene in possesso all’atto del pagamento, ma che addirittura non si premuri nemmeno di verificarne l’esistenza. C’è chi addirittura ha scritto che le lettere siano state disinvoltamente vendute a blocchi da nonno Giovannino, incurante del valore storico letterario. Nulla di tutto ciò è vero. Il 20 ottobre 1978 nostro padre Pietro vende alla Regione Sicilia, dopo tre giorni di inventario a casa nostra con il soprintendente ai beni librari del Comune, le carte in suo possesso (nel contratto di vendita viene indicato “...il materiale verghiano in suo possesso...”), inventariate in una lista di 40 pagine. Da qui la domanda: esiste un secondo atto di vendita stipulato nello stesso mese e anno di cui i figli e la moglie sono all’oscuro? Un atto che cede tutti i carteggi anche quelli non in possesso di nostro padre e che ciecamente e sulla fiducia la Regione Siciliana avrebbe pagato? C’è da restare perplessi... ma se esiste ce ne diano evidenza, se non a noi alla Procura di Roma. A proposito, l'atto di vendita del 1978 riporta la cifra di 85 milioni di lire». (s.q.)

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