Il papà di Federica, dieci anni dopo l'omicidio: "Non smetterò di odiare l'assassino"

SAN GIORGIO DELLE PERTICHE. Nella camera di Federica le rose bianche incorniciano le parole di una poesia e una farfalla di carta porta i pensieri lontani almeno dieci anni. Nella camera di Federica ora ci dorme Francesco, il fratello più piccolo, e ogni notte, prima di chiudere gli occhi, guarda e riguarda la sua sorellina sperando di incontrarla in sogno. «I miei sentimenti sono gli stessi di quel maledetto luglio 2008. L’odio che porto dentro non si spegnerà mai», dice papà Ruggero che nel frattempo è diventato pensionato e anche nonno. «La vita è andata avanti solo grazie agli altri tre figli, senza di loro saremmo morti pure noi. Ma la mia Fede è sempre qua, guardi quant’è bella». Ruggero indica una foto in cui Federica Squarise sorride indossando un cappello da cowboy. Bella e felice con l’amica del cuore, senza pensieri e con la vita davanti. Una vita interrotta brutalmente a Lloret de Mar a luglio del 2008, durante una vacanza che doveva finire nell’album dei ricordi, non certo in un incubo ricorrente.
«Federica era così come la vedete nelle foto» continua papà Ruggero, 67 anni. «Era una ragazza felice che amava la famiglia e la sua casa. Ricordo ancora nei giorni torridi di quell’estate tragica, quando vennero a dirmi che forse era scappata. Ma quale fuga volontaria. Io non ci ho mai creduto a questa ipotesi nei giorni delle ricerche. Appena mi hanno detto che Federica non si trovava, lo sentivo che era una tragedia».
L’estate 2008 filava sulle note della canzone “A te” di Jovanotti mentre non si era ancora esaurito l’entusiasmo dei giovani per l’uscita al cinema dei film Gomorra e Twilight. «Quella non era la prima vacanza, era già stata in Grecia e in altre località balneari. Ricordo però che Fede era molto contenta di andarsene in Spagna con la sua amica. Con i figli va così, partono, si muovono. E noi che dobbiamo fare, se non aspettarli», dice Ruggero a bassa voce, quasi recitando un mantra.
Quell’estate Federica aveva 23 anni e lavorava come impiegata alla Morellato. Scelse la Costa Brava. Venne uccisa nella notte tra il 30 giugno e il 1 luglio 2008. «L’amica che era in vacanza con lei chiamò mia figlia, le disse che la sera precedente si erano divise e che Federica non era tornata più. Ci sono stati dei momenti in cui ho sperato che si trattasse di un rapimento. Per me era così bella, pensavo che in fondo qualche sceicco avrebbe persino potuto prenderla per il suo harem. Persino questo sarebbe stato meglio di quello che poi abbiamo scoperto».
Violentata e uccisa dall’amico di una notte, Victor Diaz Silva Santiago, detto El Gordo, un trentaduenne uruguaiano che maneggiava droga e riduzioni per entrare nelle discoteche della movida. «La verità è un coltello conficcato nel cuore. Quel mostro l’ho guardato in faccia nel 2010, durante il processo. Era ammanettato, è rimasto sempre a testa bassa. Non ci ha guardato mai. E adesso già si parla di benefici e sconti di pena. Sarebbe l’ennesima beffa, oltre a tutto il dolore che ci ha causato».
La famiglia Squarise sta seguendo l’iter giudiziario di questo delitto orrendo con l’avvocato Agnese Usai che si appoggia a sua volta a un collega spagnolo. «Ci difendiamo come possiamo da questo destino avverso. Ci restano le foto e il ricordo della sua voce, della luce che portava. Guardi quanto è bella qui, nel suo primo giorno alle elementari». Papà Ruggero si bacia la mano e la strofina sul quadretto.
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