Il pastore assassino estradato in Macedonia
Il massacro della Maiella: dal 2005 Alì Hasani Aliyebi sta scontando l’ergastolo nella Repubblica balcanica dopo aver trascorso 8 anni nel carcere di Sulmona

Otto anni interamente trascorsi nel carcere di massima sicurezza di Sulmona, circa 500 detenuti, a pochi chilometri da quella montagna maledetta che è stata palcoscenico di una tragedia mai dimenticata, la strage della Maiella. Poi nel 2005 per Alì Hasani Aliyebi – oggi un uomo di 43 anni originario da Gostivar con qualche precedente penale per furto di cavalli, all’epoca dei fatti un pastore appena 23enne entrato clandestinamente in Italia cinque anni prima – l’estradizione nella natìa Macedonia, Repubblica autonoma dall’8 settembre 1991 quando un referendum popolare stabilì l'indipendenza dalla Jugoslavia. Da 12 anni sta scontando l’ergastolo in un carcere nel suo paese: appena possibile, aveva presentato la richiesta subito soddisfatta dalle autorità italiane. Nessuna timore che la sentenza pronunciata in nome del popolo italiano per quell’orrendo crimine non fosse rispettata: l’ordinamento giuridico macedone prevede il carcere a vita. Da qui il trasferimento in una delle carceri del piccolo paese balcanico dove – secondo il Consiglio d'Europa – la situazione igienica è disastrosa, le strutture sono insicure e sovraffollate. Insomma nessuno sconto. Nessun trattamento di favore, se non la maggiore vicinanza alla famiglia. Nessun beneficio particolare per quell’assassino condannato in via definitiva.
Nel gennaio 1999 la Corte d’assise dell’Aquila ha punito Hasani con l’ergastolo per duplice omicidio volontario pluriaggravato (quello delle 23enni Diana Olivetti di Saonara e Tamara Gobbo di Albignasego), per tentato omicidio (nei confronti della sopravvissuta Silvia Olivetti, 21 anni, sorella di Diana), per violenza sessuale (tentata su una delle vittime), infine per porto e detenzione abusiva di armi, escludendo il vizio di mente.
Il 20 agosto del 1997 le tre ragazze padovane partono dal camping "Valle dei lupi" a San Giacomo di Sant'Eufemia ai piedi della Maiella, dove soggiornano, per un’escursione sul Monte Morrone. Intorno alle 11, a Mandra Castrata vicino a Capoposto a 1.800 metri di quota, la camminata s’interrompe: sulla loro strada incrociano il pastore macedone a cavallo, affiancato da un mulo. Il giovane consiglia di far attenzione ai cani che passano per quel sentiero e si allontana per tornare pochi minuti più tardi. È armato. Silvia offre dei soldi in cambio della salvezza, ma è colpita da un proiettile alla mano e allo stomaco. Tamara è ferita con un colpo mortale al cuore. Diana viene aggredita e poi uccisa. Solo Silvia riuscirà a scappare, unica testimone oculare del massacro: a ricordarlo, oggi, un cippo.
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