IL PERSONAGGIO / Mara “la rossa”, glorie e fatiche di una soprano

Mara Zampieri è l’interprete di Annina nella Traviata in scena alla Scala di Milano. Si è formata al Pollini ed è rimasta legata a Padova: «Organizzo esibizioni per giovani talenti»

PADOVA. A 15 anni, chioma rossa come una fiamma e voce d’angelo, la soprano Mara Zampieri ha esordito a Pavia. Una ragazzina che ha scosso il teatro di applausi. La cantante lirica padovana si è formata qui in città, al Pollini. Ma poi ha cantato in tutti i teatri del mondo, trasferte in paesi lontani, un’attività intensa, piena di emozioni e di soddisfazioni, ma anche di impegno, di fatica fisica. Mara è il personaggio di Annina nella Traviata, il capolavoro del Maestro di Busseto che, nella prima alla Scala il 7 dicembre scorso, ha fatto il pieno di vip della Milano elegante, di politici, di responsabili istituzionali, presidente Napolitano compreso, con la fioritura di contestazioni dentro e fuori il teatro. Sussurri e grida che ormai fanno parte del rito. La Zampieri è ancora a Milano impegnata nelle recite, consueto strascico alla “Prima”.

Paura?
«No assolutamente, dopo tanti anni di carriera. Tensione nervosa sì, perché alla Scala c’è il mondo, tanta emozione, anche. Inoltre ricorreva il bicentenario verdiano e questo, se possibile, ha provocato un’attenzione più tagliente».

Critiche sulla regìa?
«Sì, quelle non mancano mai, ma è restato nella penna della critica il clamoroso successo di pubblico: 20 minuti di applausi, tutti in piedi. Il personaggio di Annina, è marginale nel plot della Traviata, ma mi è stato ritagliato addosso con uno spirito nuovo. Annina, la cameriera, è in realtà la confidente di Violetta. Più anziana di qualche anno, ha già provato le gioie dell’amore e l’amaro della delusione e del tradimento. Tra le due donne corre un sentimento di complicità, sono due menti che si intendono, due cuori che palpitano insieme. Fino all’epilogo che è una sfida, un atto di coraggio nel nome dell’amicizia quando Annina caccia Alfredo e Germont padre dalla stanza dove Violetta sta morendo. Io ho debuttato alla Scala nel 1978 con “I l ballo in maschera” e fu davvero un battesimo del fuoco».

Quindi, entrando nella parte, occorre comprendere la psicologia dei personaggi … Ma, oltre allo sforzo intellettuale e di sentire tipico dell’attore, si deve mettere in conto anche la fatica fisica?
«Certo, cantare è faticoso, in più c’è l’emozione. Bisogna sudare. Un esempio: nella Traviata, Annina resta in piedi e in silenzio per 20 minuti, una presenza che fa parte della scena. Ora, tra prove e controprove io sono restata muta e immobile per 10-12 ore. E non è come per il mendicante-artista, travestito da Charlot, che staziona sul listòn a Padova fermo come un palo che sostiene la vigna. Tu reciti stando ferma e zitta, interpreti una parte. C’è anche una professionalità muta che si esprime nell’espressione e nella postura».

Nella galleria di immagini raccolte nel suo sito, la si vede con in braccio il cagnolino Giacomo, un pincher, ma anche in un momento di relax mentre fuma un sigaro. Questo fa simpatia, umanizza, arricchisce la personalità. E poi c’è un’altra cosa: malgrado il girovagare da una ribalta all’altra lei è rimasta molto legata alla nostra città.
«Sì, diciamo che faccio formazione: ho messo in piedi un’organizzazione che si chiama Cantiere dell’Opera, si tratta di stages rivolti ai giovani. Il nostro teatro è la sala del Carmelo di via Galilei, un posto bellissimo che ci è stato concesso dal Comune. Il 19 mettiamo in scena, sono pièce brevi di un’ora, l’Angelica di Puccini e il 26 Il campanello, un’opera allegra di Donizetti. Un’ora di musica per accendere nei giovani nuovi interessi, la musica è cultura e passione. Ce n’è bisogno in un momento critico come questo».

Quali opere tra quelle recitate ha apprezzato?
«Ho amato il Macbeth, la Fanciulla del West negli anni Novanta, ma, soprattutto, la Norma di Bellini che trovo fresca, ideale per la mia voce».

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