Il “pizzo” per la vestizione dei defunti

PADOVA. La “cresta” per la vestizione dei morti pagata in nero frutta danaro contante. Un “nero” non nel senso del lutto, ma di soldi che non risultano ufficialmente da nessuna parte, non lasciano traccia, sfuggono a ogni tassazione e sono il provento di un illecito, ovvero la richiesta di danaro da parte di chi dovrebbe semplicemente preoccuparsi di fare il proprio dovere. Almeno così è andata per chissà quanto tempo.
Ma ora la traccia (e pesante) di quel giro di euro versato da alcune imprese di pompe funebri ad almeno sei operatori socio-sanitari in servizio nell’obitorio di Padova è negli atti di un’inchiesta che sta marciando verso il traguardo finale. E anche nelle intercettazioni telefoniche e ambientali corredate da fotografie e (pare) da video che immortalerebbero i passaggi delle tangenti.
I reati contestati a vario titolo a una trentina di persone, compresi i sei dipendenti ospedalieri (il resto titolari o dipendenti di imprese funebri)? Corruzione aggravata per atti contrari ai doveri d’ufficio, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e truffa. Spetterà al pubblico ministero Maria D’Arpa, con la supervisione del procuratore di Padova Matteo Stuccilli, fare sintesi dell’inchiesta che dura da almeno un anno.
A dare il via agli accertamenti degli inquirenti un esposto anonimo, benché più di qualche spontaneo contributo alle indagini sia arrivato agli investigatori da parte di persone inorridite di fronte all’andamento di quella situazione ritenuta non più tollerabile. Quando si verifica un decesso il soggetto viene trasferito in obitorio in qualunque condizione.
Una volta eseguita l’autopsia (sempreché sia stata disposta), le regole applicate dall’Azienda ospedaliera prevedono il pagamento di un “ticket” di circa 80 euro per la cosiddetta ricomposizione della salma che prevede toelettatura, vestizione e tanatocosmesi (il trattamento della salma per renderla presentabile e in grado di lasciare un buon ricordo).
Una ricomposizione spesso richiesta dai familiari quando viene allestita la camera ardente con l’esposizione del defunto prima dell’ultimo saluto di parenti e amici. Che cosa succederebbe nell’obitorio padovano? In cambio di una tangente tra i 50 e i 60 euro (un prezzo scontato rispetto alla tariffa ospedaliera), gli operatori indagati avrebbero provveduto a quella ricomposizione, certificando negli atti che la salma era arrivata in camera mortuaria già pronta per la sistemazione nella cassa e la successiva sepoltura.
Da qui l’accusa di falso ideologico. Il meccanismo avrebbe messo d’accordo tutti: i necrofori ospedalieri che guadagnavano un extra, le imprese funebri che facevano risparmiare ai propri clienti garantendosi un servizio di qualità. Già perché chi non accettava quel diktat e pagava rispettando la legge (cioè il ticket destinato alle casse dell’ente sanitario), rischiava di finire bersaglio di piccole vendette come defunti sbarbati male o sistemati in modo raffazzonato.
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