Il potere delle Priorisse vestali cattoliche di Sardegna
di Barbara Codogno
PADOVA
«Perché sia adeguatamente riconosciuto in tutto il mondo il contributo delle donne allo sviluppo della società»: questa l’intenzione di preghiera di Benedetto XVI per il mese di marzo. Che il Papa riconosca pubblicamente il contributo delle donne nella società per alcuni sarebbe già un gran risultato. Difficile immaginare, invece, che la donna possa assumere in futuro un ruolo gerarchico all'interno della Chiesa. Eppure, proprio in Italia, si incontrano figure femminili importantissime per le comunità cattoliche, come ad esempio le “Priorisse”. Si è appena conclusa la prima fase di un progetto di ricerca dal titolo “Le Vestali di Sardegna” promosso da Irfoss ( istituto di ricerca e formazione nelle scienze sociali di Padova) e curato sul campo dalla dottoressa Leila Oppo, dall’antropologo e documentarista dell'Università di Padova Riccardo Bononi e dal fotografo Massimo Branca che, con un’équipe formata anche da studenti dell’Università di Bologna, Torino e Venezia, hanno indagato su di un fenomeno sociale saldamente radicato: le Priorisse.
Queste donne rivestono un ruolo che è legato alle attività della Chiesa ufficiale ma non è a questa subordinato. La Priorisse sono il simbolo di una spiritualità che ha trovato nei secoli una forma di espressione popolare indipendente dalle istituzioni nazionali. Le Priorisse sono legate alla devozione della Madonna, alla cura ed alla compassione verso chi ha perso qualcuno di caro, all’intercessione rituale tra il regno dei vivi e quello dei morti. Allo stesso tempo sono dedite a pratiche tradizionali più intime, esercitate lontano dallo sguardo della Chiesa: sono pratiche legate all’intercessione con il mondo dei morti da cui traggono il potere di benedire i viventi, di scacciare il male in ogni sua forma, di praticare lunghe e complesse forme di esorcismo.
Le Priorisse - la cui carica si tramanda annualmente di donna in donna sulla base di un bagaglio di conoscenze orali - sono in realtà donne moderne. Lavorano, hanno una famiglia e sono madri: la maternità è condizione necessaria per essere Priorissa. Di loro non si è parlato quasi mai nelle cronache ufficiali della Chiesa se non, talvolta, denunciandone l’eccessivo potere e indipendenza, come testimoniano alcuni documenti del 1800 in cui le Priorisse vengono esautorate dal manifestare il loro ruolo all'interno della Chiesa. Quello delle Priorisse è un fenomeno non istituzionale, non regolato o subordinato agli organi ufficiali della Chiesa Cattolica. Sono numerose le testimonianze raccolte di sacerdoti cristiani che condannano il fenomeno, altri che fanno di tutto per arginarlo, altri ancora che invece lo accettano. Tentativi di regolamentare la figura della Priorissa in modi ufficiali sono stati effettuati anche dalle più alte cariche ecclesiastiche, come testimonia il documento sulle confraternite emanato dall’Arcidiocesi di Oristano nel 1873. Delle Priorisse abbiamo documenti scritti a partire dal XVIII secolo ma gli aspetti simbolici dei rituali, delle preghiere, in forma anche di ninna nanna, e delle modalità di trasmissio. ne dei poteri e delle conoscenze sembrano mettere in luce alcune analogie con le sacerdotesse dedite a un culto esclusivamente femminile: le antiche vestali romane. Queste avevano anticamente il compito di offrire gratuitamente un servizio pubblico per la città sia di natura spirituale che pratica, preparando e presiedendo a tutti i rituali sacri della vita comunitaria. Lo stesso ruolo che oggi ha in Sardegna la Priorissa. Le Priorisse sono un fenomeno esclusivamente femminile, caratterizzato da uno spazio sociale di grande prestigio e potere, anche economico, ma che non viene mai affermato come forma di antagonismo rispetto a quello maschile.
Si tratta di un potere parallelo totalmente al femminile; non viene rivendicata né l’uguaglianza né la parità tra sessi. Viene piuttosto affermata la presenza di un grande potere sociale che non potrebbe mai essere spartito con gli uomini. Il potere delle Priorisse non entra in competizione con il proprio ruolo di madri e mogli, ma anzi ne enfatizza ritualmente l’importanza: il culto della Madonna ne è un esempio lampante. Si tratta di una Madonna “domestica”, una giovanissima madre sposata con un uomo di umili origini e destinata a vivere la morte prematura del suo unico figlio, il cui santuario non viene eretto nelle chiese ma nelle stesse case delle Priorisse, a contatto con gli odori e i rumori della quotidianità.
L’abitazione della Priorissa diventa quindi un vero e proprio luogo di culto, sempre aperto al pubblico e meta di pellegrinaggi da parte dei fedeli. La Priorissa, per poter esercitare nella comunità il suo ruolo di sacerdotessa, ha l’obbligo di essere sposata e di avere dei figli, proprio come Maria. Le processioni aperte dalle Priorisse non riguardano le vicende dei Vangeli viste dal punto di vista maschile di Cristo, ma ripercorrono tappe della Passione completamente ignorate dal clero, come il dolore della Madonna per la perdita del proprio figlio.
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