Il primo viaggio dell’Ultima Cena

Il grande telero dalla chiesa di San Polo alle Scuderie del Quirinale dopo il restauro offerto da Cariparma
Di Silvia Menetto

di Silvia Menetto

VENEZIA

Un piccolo brivido corre lungo la schiena: l’idea che questo telero lascerà Venezia per la prima volta in 450 anni e approderà a Roma.

L’Ultima Cena che Jacopo Robusti, detto il “Tintoretto”, dipinse tra il 1565 e il 1570 per la chiesa veneziana di San Polo, sarà infatti esposta eccezionalmente alle Scuderie del Quirinale in occasione della mostra curata da Vittorio Sgarbi che si inaugura il 25 febbraio.

Per l’occasione, l’enorme tela (5,35 x 2,28 metri) è stata sottoposta ad un attento restauro eseguito nel laboratorio della Misericordia dalla restauratrice Rosanna Coppola, affiancata dalle collaboratrici della Cooperativa C.B.C.

«Un intervento su questa Ultima Cena era già stato preventivato – precisa Giulio Manieri Elia, della Soprintendenza veneziana, responsabile del cantiere – e avrebbe dovuto farsene carico lo Stato. Poi la richiesta del prestito per la mostra di Roma ha accelerato i tempi e quando Cariparma si è proposta come sponsor non ci è parso vero».Un intervento da oltre 40mila euro che Cariparma ha prontamente finanziato puntando soprattutto sull’effetto a lungo termine, quando l’Ultima Cena ritornerà a Venezia dalla trasferta romana. Una politica di sostegno alla cultura e all’arte del nostro Paese che la banca persegue da tempo, già sponsor di mostre come quella su Caravaggio e Filippino Lippi.

L’Ultima Cena fu commissionata al Tintoretto dalla Scuola del Sacramento. Seguendo i dettami del Concilio di Trento, il pittore innovò l’iconografia classica ponendo l’accento per la prima volta sul sacramento dell’Eucaristia. In un interno domestico Cristo distribuisce il pane agli apostoli a braccia aperte, in un gesto che sembra un abbraccio e al tempo stesso un’anticipazione della crocifissione. Da una porta aperta sul paesaggio retrostante, si intravede uno squarcio di cielo assolutamente azzurro, restituito al suo colore originario grazie alla politura, così come il bianco delle architetture sullo sfondo.

«Una volta staccato e portato al laboratorio, il quadro ha rivelato condizioni inaspettatamente buone» prosegue Manieri Elia. «Nella parte centrale, dove c’è la cucitura tra i teli, c’era un sollevamento e temevamo che si trattasse di un problema tra la tela dipinta e il supporto, ma così non era. Allora si è proceduto all’intervento di tipo pittorico».

Per tre mesi cinque persone hanno lavorato sul capolavoro, ripulendolo dalla polvere e dalle vecchie vernici ingiallite e soprattutto risanando i danni causati dai precedenti restauri.«Gli interventi importanti cui l’opera fu sottoposta sono stati due – racconta Rosanna Coppola - uno nel 1899 e uno più recente, nel 1972. In entrambi i casi la tela dipinta è stata foderata e questo ha causato dei problemi dovuti allo stiraggio, per far aderire la fodera alla tela; i collanti e il calore eccessivo in alcuni punti hanno deteriorato il colore e la pressione ha schiacciato le pennellate più spesse che Tintoretto aveva eseguito».

Così restaurata, l’Ultima Cena partirà ora alla volta di Roma e viaggerà distesa, non rullata, come richiesto dalla Soprintendenza.

Evento più unico che raro (visto che l’ultima monografica su Jacopo Robusti fu fatta nel 1937) la mostra delle Scuderie convoglierà a Roma altri capolavori conservati a Venezia: l’Ultima Cena della chiesa di San Trovaso, Santa Maria Egiziaca e Santa Maria Maddalena, della Scuola Grande di San Rocco, il Miracolo dello schiavo, La Madonna dei Tesorieri e il Trafugamento del corpo di San Marco, delle Gallerie dell'Accademia.

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