Il reattore che copia la fusione delle stelle

Nel consorzio Rfx (in Corso Stati Uniti, area Cnr) continua a prendere forma quello che, ad oggi, è forse il più ambizioso progetto di ricerca sul nucleare al mondo: il prototipo del reattore “Iter”.
Imitando il processo di fusione che avviene sulle stelle, lo studio mira infatti a produrre energia illimitata, sicura e pulita. Il progetto ha preso il via nel 2006 e coinvolge sette nazioni: nella nostra città è in costruzione una delle parti più importanti dell’intero reattore, ovvero quella che ne permette l’accensione.
I lavori procedono a pieno ritmo e ieri sono arrivati dal Giappone dei nuovi componenti: una linea di trasmissione di conduttori high-tech ad altissima tensione continua, prodotti dalla ditta giapponese Hitachi. In serata la cerimonia d’inaugurazione, alla presenza di una delegazione giapponese e del direttore francese del progetto Iter, Bernard Bigot.
«Iter» spiega Bigot «è sostenuto da Europa, Stati Uniti, Russia, India, Cina, Giappone e Corea. Sette partner che coprono mezza umanità e un terzo del prodotto interno lordo globale, uniti nella realizzazione di un’impresa che, singolarmente, nessuna di questi paesi sarebbe stato in grado di affrontare. Sono state coinvolte le migliori eccellenze a livello globale: ogni laboratorio che sta lavorando a una parte del progetto è stato selezionato perché aveva le migliori qualifiche e capacità per farlo. Quello che stiamo costruendo oggi è un reattore nucleare che sappia imitare il processo di fusione che avviene nelle stelle: è solo un prototipo, perché il nostro obiettivo a breve termine è dimostrare che questo si può fare. Iter potrà innescare la reazione, ma funzionerà appena per qualche minuto: il passo successivo sarà la realizzazione di un reattore vero e proprio, in grado di produrre ed immettere in circolo energia elettrica».
La struttura padovana, l’unica (di grandi dimensioni) dislocata rispetto alla sede centrale di Cadarache (in Francia) si chiama “Prima”: all’interno sono in costruzione Mitica (iniettore di particelle) e Spider (sorgente di ioni negativi). Il complesso, s’intuisce, è un gioco di parole (Prima Mitica Spider), fatto di sigle e di passione, tutta italiana, per le automobili sportive.
«Le componenti italiane» spiega il professor Francesco Gnesotto, presidente del consorzio che riunisce tutti gli attori italiani del progetto Iter (Cnr, Università, Enea, Infn, Acciaierie Venete) «saranno pronte verso il 2019. Oggi intanto celebriamo un piccolo traguardo: una ditta giapponese, la Hitachi, ha portato qui attrezzature per circa cento milioni di euro. Il loro è un investimento enorme sul nostro territorio, che rafforza una fiducia già consolidata: sei mesi fa eravamo noi a partecipare ad una cerimonia, da loro, per festeggiare l’arrivo di attrezzature prodotte qui. L’investimento del progetto Iter è a lunghissimo termine, ma sul nostro territorio ha già portato una ventata d’ossigeno: c’è un investimento complessivo di 300 milioni di euro, di cui duecento milioni forniti dall’Europa, per le attrezzature. Questi fondi hanno permesso di far lavorare molte imprese locali, soprattutto del territorio, che hanno realizzato gran parte delle attrezzature utilizzate. Quanto alla fusione, gli effetti di questa scoperta non saranno noti prima di metà secolo: dell’utilità nel quotidiano beneficeranno, forse, i nostri nipoti. Ma se funziona, sarà una rivoluzione».
Tra i relatori che hanno partecipato all’evento di ieri erano presenti anche: Massimo Garribba, responsabile delle ricerche sulla fusione in Europa, Pietro Barabaschi, direttore di Fusion for Energy, il dottor Itakura (alto rappresentante del Ministero della ricerca giapponese) e Gianluigi Consoli, in rappresentanza del Miur.
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