Il vescovo Cipolla: «Il celibato è un dono, non sia motivo di scandalo»

Omelia a Sarmeola per la Giornata mondiale della vita consacrata. Il presule non cita don Marino, ma è chiaro il riferimento all’ex parroco rimosso
BASCHIERI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - MESSA DEL VESCOVO A SANTA GIUSTINA
BASCHIERI-AGENZIA BIANCHI-PADOVA - MESSA DEL VESCOVO A SANTA GIUSTINA

PADOVA. Non l’ha mai citato direttamente ma certo è in primis a don Marino Ruggero, 54 anni, già parroco di San Lorenzo in Roncon di Albignasego, che il vescovo Claudio Cipolla ha fatto riferimento ieri mattina, nell’omelia (qui il testo integrale) pronunciata nella chiesa dell’Opera della Provvidenza Sant’Antonio di Sarmeola, in occasione della ventiquattresima Giornata mondiale per la vita consacrata.

«Quest’anno desidero richiamare la vostra attenzione - ha sottolineato il presule, parlando a una platea di religiose, religiosi, membri degli istituti secolari, eremiti ed eremite - su un aspetto della nostra vita che in questo momento mi sta particolarmente a cuore: il dono del celibato e della verginità».

ULTIMA MESSA PARROCO VILLA DI TEOLO MALAGOLI
ULTIMA MESSA PARROCO VILLA DI TEOLO MALAGOLI


Il tema è tornato prepotentemente alla ribalta anche grazie al libro “Dal profondo del nostro cuore”, pubblicato a metà gennaio dal cardinale Robert Sarah, Prefetto della Congregazione del Culto divino, con un contributo del Papa emerito Benedetto XVI, che difende la disciplina del celibato. Ieri papa Francesco ha ribadito che «la castità non è una sterilità austera, ma una via per amare senza possedere». E non a caso don Cipolla, annunciando l’avvio, lunedì 13 gennaio, del processo canonico nei confronti di don Marino Ruggero, presso il Tribunale ecclesiastico diocesano, ha affermato che all’ex parroco, «alla luce di precise accuse avvalorate da prove, vengono contestati comportamenti non consoni allo stato clericale, inerenti agli impegni derivanti dall’obbligo del celibato per i preti».

Al vescovo Cipolla, che l’11 febbraio compirà 65 anni, va senza dubbio il merito di aver preso di petto l’argomento scottante, troppo spesso declassato a motivo di chiacchiera o di pettegolezzo. «Uno strano pudore - ha argomentato - confina questo tema in un ambito strettamente personale. Diventa invece argomento dibattuto e doloroso quando finisce sui giornali a motivo di qualche scandalo. Allora come preti, diaconi celibi, uomini e donne consacrate ne usciamo screditati e le nostre comunità vivono giorni amari».

Nelle parole di Cipolla, che il 24 maggio festeggerà 40 anni di sacerdozio, traspare la fatica di un percorso difficile. Specie nell’epoca dei social, in cui i contatti (e le occasioni d’incontro) sembrano a portata di un link o o di un post. Sicché «destano stupore e gratitudine quei consacrati che nella serenità e nel silenzio continuano nelle loro giornate a donare quell’affetto forte e sincero, limpido e casto, che tocca i cuori delle tante persone che a loro si rivolgono per uno sfogo, un consiglio e una condivisione».

Quello del presule è prima di tutto un richiamo alla responsabilità. «La nostra - ha evidenziato - è stata una decisione personale ma non privata: abbiamo assunto degli impegni solenni al cospetto di Dio e della Chiesa. Il ministero o la consacrazione ci espone, ci rende persone pubbliche, “rappresentanti” delle comunità o di un carisma religioso di fronte al mondo».

Sia chiaro, il prete non è un asceta che rifugge il mondo. Ma «vivere nell’ambiguità di relazioni e abitudini non consone al proprio stato di vita - condurre una “doppia vita” in altre parole - è la negazione di ogni crescita, Ma un’esperienza matura della sessualità non può non fare i conti con la possibilità che una vita affettiva incontri blocchi e involuzioni, così come per ogni uomo e donna la vita affettiva non è una vita ordinata che si deve solo preservare». Insomma, anche i sacerdoti devono fare i conti con le tentazioni. «Va senz’altro apprezzato e tenuto in seria considerazione - è il suggerimento del presule - il ricorso al sostegno psicologico per individuare e curare quelle ferite e dinamiche che stanno a monte di alcune fragilità ma non va considerato come terapia unica». Il vescovo invita i preti a non essere manager od organizzatori di sagre. «Il celibato e la verginità consacrata non reggono nella storia di chi riduce l’apostolato all’attivismo, di chi non ha una vita di preghiera, di chi non fa dell’Eucaristia la sorgente e il sostegno della sua fedeltà; anche la decisione di stare con i poveri e di sentirsi parte della Chiesa è necessaria per dare significato al nostro celibato e alla nostra verginità». —
 

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova