In 1.200 per il Moro, doge a Palazzo Ducale

Ieri sera la “prima” in smoking e abiti lunghi. Il ministro Cancellieri: «Un evento straordinario che segna un’epoca»
Di Manuela Pivato
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 10.07.2013.- Otello Palazzo Ducale. Ottavia Piccolo
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 10.07.2013.- Otello Palazzo Ducale. Ottavia Piccolo

VENEZIA. E infine fu Otello, magnifico, possente e geloso come una scimmia, ma più di tutto doge nella casa dei dogi. In una notte di mezza estate, con i fasti dell’Arena e un vago sapore di Campiello, l'Otello di Giuseppe Verdi annulla una distanza di 43 anni, dribbla il confronto con Mario Del Monaco e consegna alla città un pezzetto di storia che è lirica trionfale, trepidazione, passato, presente e tocco mondano, tutto insieme.

Davanti a 1.200 spettatori – smoking obbligatorio per le poltronissime, abito lungo caldeggiato per tutte – la Fenice ritorna nel cortile di Palazzo Ducale con la tragedia del Moro per rilanciare nel mondo una consuetudine che si era interrotta nel 1970 e che ora è di nuovo realtà grazie alla collaborazione con Sovrintendenza e i Musei civici, per la gioia perfetta del sovrintendente Cristiano Chiarot e del direttore artistico Fortunato Ortombina che prima delle 20 erano già davanti alla Porta della Carta a fare gli onori di casa.

In arrivo il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, il sindaco Giorgio Orsoni, un drappello di assessori, Ottavia Piccolo in una nuvola grigia, Margherita Buy, gli industrali veneti con Matteo Zoppas e Gilberto Benetton, il nuovo presidente del Consorzio Venezia Nuova Mauro Fabris, il direttore Hermes Redi, Alberto Arbasino, Gianluca Bisol, Renato Codello, Piero Angela, Lino Toffolo con la figlia, il prefetto Domenico Cuttaia, Jerome Zieseinss, Fabio Cerchiai, i foresti che avevano pagato 500 euro a poltroncina senza batter ciglio come gli svizzeri della Rolex Foundation o i sostenitori newyorkesi della Fenice, e i veneziani che non mancano mai, Tonci e Barbara Foscari, la bella Grazia Cappelletto, Cesare De Michelis, Ludovico e Barbara Valmarana, Matteo Corvino (in smoking bianco, che ha sempre un suo perchè). «E’ un evento che segna un’epoca – dirà il ministro Cancellieri - vedere l’Otello nel luogo in cui è nato è un avvenimento eccezionale».

Dinner per gli amici della Fenice sulla terrazza del Danieli, cocktail per altri 200 nel loggiato del Ducale prima di sedersi, tutti 1.200, tra le quinte del porticato gotico e davanti alla Scala dei Giganti dalla quale il 6 agosto del 1960 Mario Del Monaco pronunciò le prime parole di un Otello d’altri tempi.

Ieri sera, in un raffronto che deve essergli costato qualche notte insonne, c’era il tenore statunitense Gregory Kunde e sul palco di 200 metri quadrati c’era il maestro Myung-Whun Chung a dirigere i 100 orchestrali della Fenice, gli 80 coristi, il coro di voci bianche dei Piccoli cantori veneziani diretti da Diana D’Alessio in un vortice di giochi di luci, rasoiate di fari, effetti speciali, con le scenografie audaci di Edoardo Sanchi e i costumi di Silvia Aymonino, tra proiezioni video di leoni giganti e mare in tempesta sulle logge del palazzo. Dietro le quinte, con l’animo comprensibilmente in subbuglio, il giovane regista Francesco Micheli che aveva voluto un Otello il più veneziano possibile e che ora, dopo mesi di preparativi, in una notte di mezza estate che non scorderà mai, contempla l’incantesimo riuscito.

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