«In ospedale la Psicologia viaggia a braccetto con la Medicina»

l’intervista
Dal primo luglio Biancarosa Volpe è a capo dell’Unità complessa di Psicologia ospedaliera dell’Azienda ospedale Università di Padova, un salto di qualità per il “reparto” che esisteva come Unità semplice dipartimentale. Di fatto vi afferiscono tutti dirigenti psicologi prima assegnati alle diverse Unità, con l’obiettivo di dare una visione unitaria e un coordinamento sistematico al loro ruolo nelle équipe.
Dottoressa Volpe, come va letto il connubio medicina- psicologia?
«Faccio un salto indietro nel tempo, alla mia laurea nel 1975 con tesi a indirizzo psicobiologico: all’epoca il nostro era un mestiere sconosciuto. Dopo numerose esperienze mano a mano che la psicologia è entrata nel Sistema sanitario, l’approdo in ospedale 25 anni fa mi ha dato la possibilità di mettere insieme nella pratica psicologia, biologia e medicina. A scuola si impara molto sul piano psico-affettivo. In ospedale, lavorando con i medici, abbiamo sviluppato una forte integrazione fra discipline. Un problema psicologico può avere natura biologica e con un approccio che considera mente e corpo e le relazioni fra i due siamo sempre più in grado di entrare nella genesi del problema del paziente».
In quali ambiti operate?
«Uno dei principali è quello dei trapianti dove abbiamo avviato da anni una collaborazione con la Stenford University, poi c’è l’area materno infantile dove abbiamo rivoluzionato la preparazione alla nascita, ci sono le malattie croniche, l’ambito della chirurgia, l’area pediatrica e il personale ospedaliero. E poi facciamo ricerca».
Che tipo di assistenza offrite ai dipendenti?
«Questo è un ambito che qualifica molto il nostro servizio da anni, prima dell’emergenza Covid che ci ha visti comunque in prima linea a sostegno del personale così come dei pazienti. La crisi del dipendente nel lavoro non è infrequente, con lui troviamo un percorso di soluzione al problema. A volte sono le équipe che vanno in crisi, spesso esposte a forte stress e carico emotivo».
Lei insegna sia a Psicologia che a Medicina, com’è il rapporto ospedale-università?
«È una sinergia molto positiva, lavoro con colleghi straordinari su tutti i fronti grazie all’esperienza e a tanta formazione. Insieme abbiamo sviluppato competenze molto raffinate per comprendere il paziente. Stiamo inserendo gli specializzandi che sono un contributo enorme, ci aiutano a pensare in modo aggiornato, in questo senso l’innesto dei giovani è fondamentale. Questo salto di qualità della struttura, con il coordinamento della direzione sanitaria, ci consentirà di fare ancora meglio». —
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