In tavola il primo hamburger sintetico: cosa ne pensi?

Realizzato in laboratorio a partire dalle staminali. Testato a Londra. Gli assaggiatori: sembra vero ma meno gustoso. Lo sponsor è il fondatore di Google
L'hamburger realizzato con cellule staminali di un bovino EPA/DAVID PARRY / PA WIRE HANDOUT UK AND IRELAND OUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY
L'hamburger realizzato con cellule staminali di un bovino EPA/DAVID PARRY / PA WIRE HANDOUT UK AND IRELAND OUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY

LONDRA. Prima lo hanno guardato con titubanza, lo hanno annusato e infine addentato. Così due esperti di gastronomia e alimentazione hanno mangiato, in una storica cerimonia-evento nell'ovest di Londra, il primo hamburger artificiale della storia. Il responso è stato molto positivo: «sembra carne», hanno detto entrambi, «al massimo manca un pò di sale» e «non è molto succulento». Forse è così iniziata la rivoluzione alimentare promessa dall'ideatore di questa speciale polpetta di carne, lo scienziato Mark Post, dell'università olandese di Maastricht, che ha realizzato l'hamburger di manzo coltivando in laboratorio cellule staminali prelevate dal muscolo di un bovino. Per lo meno la prima 'prova del gustò si può dire riuscita. «Pensavo che fosse più morbido in consistenza, c'è qualcosa di intenso nel gusto», ha detto la critica gastronomica Hanni Ruetzler. La 'degustazionè - in realtà un importante esperimento scientifico costato 250 mila euro - è stata presentata in diretta con milioni di persone che la seguivano in tv e internet da tutto il mondo. Due cuochi hanno servito il piatto con la carne fatta in laboratorio, accompagnata, come si raccomanda per ogni hamburger, da pane, lattuga, e pomodoro a fette. Il colore sembrava proprio quello rossastro inconfondibile della carne, sebbene - hanno precisato cuochi e scienziati che hanno lavorato nell'ultima fase del progetto a stretto contatto - siano state aggiunte spezie per ravvivare la tinta tendente al grigio. «È veramente un buon inizio - ha detto Post dopo aver assaggiato la sua 'creazionè - è la prova che lo possiamo fare». Per arrivare sino a qui sono serviti lunghi anni di ricerche. La scienza delle cellule staminali ha permesso di moltiplicare migliaia di filamenti che poi sono stati uniti creando la speciale polpetta. I detrattori lo hanno già chiamato 'frankenburger', per sottolineare come si tratti di qualcosa che non esce dalla natura ma da un laboratorio, con tutti i rischi del caso. Ma c'è chi oggi ha coniato un altro soprannome per la polpetta: 'Googleburger'. Nel corso della presentazione, infatti, si è scoperta l'identità dell'anonimo imprenditore che ha finanziato il progetto: si tratta di Sergey Brin, il miliardario co-fondatore di Google, che ha investito circa 230 mila euro. Lo ha fatto perchè la carne prodotta in laboratorio evita sofferenze agli animali rinchiusi negli allevamenti. Brin ha già messo i suoi soldi nei progetti più originali. Dall'auto che non ha bisogno di un autista alle energie alternative, fino a una compagnia che manderà i turisti sulla Luna. In questo caso però ha tenuto i piedi per terra e vuole limitare drasticamente l'allevamento e le sue conseguenze. Secondo le previsioni, grazie al 'Frankenburger' e agli altri tipi di carne 'sinteticà che verranno prodotti e venduti tra 10-20 anni su larga scala, si ridurrà del 99% la terra destinata agli allevamenti, fra l'82% e il 96% l'acqua, e si produrranno fra il 78% e 95% in meno di gas serra. Si potranno, sempre in teoria, sfamare molte più persone rispetto ad oggi.

Immediata la replica di Coldiretti. «Ogni italiano dovrebbe spendere all’anno oltre 40 milioni di euro per sostituire il proprio consumo di carne naturale con quello in provetta che sembra peraltro dare sensazioni di gusto ben lontane dal prodotto originale».

Ma visto c he siamo in vena di giocare con il futuro, fra polenta e osei, risi e bisi, porchetta e soppressa, quali sono i piatti della tradizione veneta cui non rinuncereste mai nella versione “naturale” e che non vorreste mai assaggiare in quella “artificiale”?

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova