Inchiesta su Medicina legale «Non ho mai chiesto favori»

Si è presentato in procura, al quarto piano del Palazzo di giustizia, per farsi interrogare dal pubblico ministero Silvia Golin. Ad assisterlo nella veste di difensore, il penalista Piero Longo: lui è Rocco Sbirziola, esponente di una nota famiglia di albergatori di Abano, coinvolto nell’inchiesta sui presunti (almeno finché non ci sarà una sentenza in primo grado) test alterati nell’Istituto di medicina legale di Padova. «Mi sono rivolto al professor Montisci per sottopormi al test... Mai chiesto favori a nessuno» ha sottolineato l’automobilista precisando di non aver mai saputo di test alterati o falsificati.
L’inchiesta
Secondo l’indagine – che è stata formalmente chiusa, atto preliminare alla richiesta di rinvio a giudizio – gli automobilisti Sbirziola, il titolare di un’agenzia anti-infortunistica Edoardo Urschitz di Selvazzano e Michele Casadio, operaio di Padova avrebbero usufruito di una corsia preferenziale nel sottoporsi alle analisi, indispensabili per riottenere dalla commissione patenti il documento di guida.
Documento sospeso quando si viene fermati in occasione di un controllo stradale e si risulta positivi all’alcol o alla droga. In questo caso Sbirziola sarebbe risultato positivo all’alcol (poi anche alla cocaina), gli altri due alla cocaina. In base a un protocollo fra la Medicina legale e la Commissione per far riottenere la patente a chi viene sospesa a causa di una dipendenza (oppure a chi, pur negativo dopo il primo controllo in seguito a sospensione della patente, è riammesso alla guida con un obbligo di eseguire una nuova analisi a sei mesi o a un anno di distanza) la procedura prevede un test sui capelli, trasmesso all’organismo sanitario (la commissione). Quest’ultima deve valutare le condizioni psicofisiche dell’automobilista. Secondo le verifiche della procura i prelievi sarebbero stati “concordati” e i campioni prelevati trattati nel macchinario che esegue le analisi sui soggetti morti e non in quello utilizzato per i vivi. Il motivo? Il test sui vivi, per avere valore legale, richiede una seconda valutazione.
Verso la fine
Rischiano di finire a processo per concorso in falso ideologico e in abuso d’ufficio il professor Massimo Montisci, docente all’Università di Padova e direttore dell’Unità operativa complessa di Medicina legale; il chimico Emanuele Nalesso, dirigente dell’Azienda ospedaliera e (all’epoca dei fatti) responsabile della gestione qualità del laboratorio di Medicina legale insieme ai tre automobilisti. L’indagine era stata provocata da un esposto partito dall’interno dell’istituto. —
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