Iov, contro i tumori al colon il progetto Pegasus con Lonardi

È della dottoressa Sara Lonardi dello Iov di Padova la responsabilità clinica del progetto Pegasus sulla biopsia liquida volta a indirizzare il trattamento post-chirurgico del tumore al colon. Il progetto, promosso da Silvia Marsoni dell’Ifom di Milano, sostenuto da Fondazione Airc nell’ambito del programma 5x1000 coordinato dal professor Alberto Bardelli, dell’Università degli studi di Torino e dell’Istituto di Candiolo Fpo-Irccs, è stato presentato in conclusione del mese dedicato alla consapevolezza sul cancro al colon-retto.
Obiettivo di Pegasus è dimostrare che grazie allo strumento-guida della biopsia liquida è possibile rendere più preciso il percorso terapeutico post-chirurgico per i pazienti affetti da tumore al colon. Il progetto è condotto sotto la responsabilità clinica della dottoressa Lonardi dell’Istituto oncologico veneto Irccs di Padova e con la collaborazione del professor Andrea Sartore-Bianchi del Cancer Center dell’ospedale di Niguarda e del dottor Filippo Pietrantonio dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. Nel corso dello studio dovrebbero essere reclutati 140 pazienti affetti da tumore al colon in 8 istituti clinici europei.
Ogni anno nel mondo sono diagnosticati più di un milione di nuovi casi di tumore al colon, di cui quasi 325 mila in Europa e quasi 34 mila solo in Italia. Si tratta del secondo tumore maligno più frequente nella donna e del terzo nell’uomo. Il primo trattamento è la chirurgia in 8 pazienti su 10. La chirurgia però non è sempre sufficiente perché in molti pazienti sono già presenti delle micro-metastasi non rilevabili agli esami radiologici che crescendo porterebbero a una recidiva nel giro di due o tre anni, motivo per cui la maggior parte dei pazienti viene trattata per precauzione con la cosiddetta chemioterapia adiuvante. Pegasus affronta un problema irrisolto nel trattamento post-chirurgico del tumore del colon: la personalizzazione della terapia adiuvante. «Non abbiamo sempre idea di quali siano i pazienti che hanno bisogno di una chemioterapia perché il loro tumore è destinato a ricadere» spiega Lonardi, «la ricerca del Dna del tumore all’interno del sangue del paziente ci potrà dire se c’è un rischio maggiore di ricaduta e quindi la necessità di un trattamento più intensivo. Speriamo di aggiungere un piccolo tassello che insieme al lavoro di tanti altri colleghi in tutto il mondo ci aiuterà a identificare quali sono i pazienti da trattare e a trattarli sempre nella maniera più appropriata». —
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