Iron man di Cittadella morto di infarto: «Famiglia, lavoro e sport: non si risparmiava mai»

Il ricordo della moglie di Enrico Busatto, con i tre figli accanto: «Era il nostro punto di riferimento». Gli amici: «Un esempio per tutti. Non trascurava nulla, neanche l’aspetto medico»
2015 Ironman World Championships
2015 Ironman World Championships

CITTADELLA. «Enrico non si risparmiava mai, dava tutto di sé: in famiglia, al lavoro, nello sport, con gli amici. Era il nostro punto di riferimento». Elisa Tonin ricorda con queste parole il marito Enrico. La prematura scomparsa dell’ironman cittadellese ha gettato nello sconforto gli amici di una vita: «Ho riletto tutti gli sms che ci siamo mandati in questi due anni e mi sono reso conto che la parola più ricorrente era “grazie”. Enrico era questo, un uomo meraviglioso».

Jonny Moletta è il presidente del Panathlon di Cittadella e vicino di casa di Enrico Busatto. Si conoscevano bene. «Le sue principali doti erano l’umiltà e il rispetto per tutti. Ci lascia un imprenditore di successo, che ha portato avanti un’azienda ereditata dal padre, un riferimento per l’edilizia del nord. Aveva un cuore grande, che forse ha dato troppo. Sotto tutti i punti di vista. Era molto meticoloso negli allenamenti, preciso, puntuale, di parola: c’era sempre».

Una cura nella preparazione che sottolinea anche Giuseppe Rebellato, presidente dei Maratoneti Cittadellesi: «Enrico è sempre stato un esempio per tutti, curava la preparazione agonistica con cura, consentendogli di affrontare il triathlon. C’era una grande passione sportiva, che sapeva conciliare con le sue priorità, la famiglia e l’azienda. Da un punto di vista umano abbiamo perso un uomo sempre disponibile, con l’Antico Legno ci è stato sempre di supporto, in modo straordinario. Tifosi del Padova, spesso andavamo insieme all’Euganeo».

Prima il calcio, con l’Olimpia e il Busmar, a Campo San Martino. «Nel 2007 ha iniziato a cimentarsi nella corsa, quell’anno ha partecipato alla sua prima maratona, a New York. Con trenta persone sarebbe tornato quest’anno nella Grande Mela». «Ci siamo sentiti lunedì alle 20», racconta Paolo La Placa, di Bassano. «Volevo allenarmi con lui a Predazzo. “No, non vengo, devo lavorare e voi andate troppo forte”, mi ha risposto Enrico, che in questo momento era in pausa dagli allenamenti più duri da gare per dedicarsi di più al lavoro. Avevamo in programma il Sudafrica in aprile. Era controllatissimo dai medici sportivi, non beveva, non fumava, conduceva una vita sanissima, non prendeva nemmeno un’aspirina. Era sempre sorridente, un raggio di sole. Ricorderò per sempre i mondiali di Las Vegas, il nostro abbraccio all’arrivo, dopo esserci aspettati a vicenda». «Ricordarlo per me vuol dire ripensare a 10 anni di emozioni», aggiunge il campione Fabian Bertoncello, «un quarto di vita assieme e di condivisione di sogni, parole e fatica. Perché il nostro sport è individuale, ma unisce tantissimo. Era il padrino di mio figlio e un fratello per me». Al caffè al Duomo di Cittadella ieri mattina hanno notato subito la sua assenza: Enrico passava sempre e immancabilmente ordinava il suo macchiatone.

 

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