Ivano Fossati & Lorenzo Jovanotti, il doppio «live» di Padova

PADOVA. E’ un sabato da numero record, per Padova e il Nordest. Due eventi «live» di caratura eccezionale, nella stessa serata, nella stessa città e organizzati dallo stesso promoter, hanno pochi precedenti. Stasera Jovanotti e Ivano Fossati incrociano note e fan in un simbolico abbraccio, nel nome della musica e dell’amore per quest’arte. Il primo nell’Area Eventi di PadovaFiere, il secondo al Gran Teatro Geox. Uno sforzo organizzativo enorme per Zed!, ed un test significativo per Padova, come piattaforma ricettiva di respiro nazionale.
E anche con Ivano Fossati è arrivato il momento di salutarsi. In quasi quaranta anni di attività Ivano Fossati ha attraversato il grande mare della musica a vele spiegate. «Decadancing Tour» chiude una brillante carriera coronata dall’uscita di un libro autobiografico Tutto questo futuro, edito da Rizzoli. Il cantautore genovese non ha rimpianti: «Sul palco fino agli ottanta anni ci vedo bene solo i jazzisti e i bluesman. Io non appartengo a nessuna delle due categorie. Non sarà un’atmosfera d’addio, voglio divertirmi fino alla fine». Vento in poppa fin dagli esordi quando si presenta a Sanremo nel 1972 come leader della band Delirium, accompagnato da un coro di parenti e amici super hippy che cantano tutti insieme Jesahel. Un anno dopo il giovane capellone debutta come solista con l’album Il grande mare che avremmo attraversato.
Prosegue così la sua avventura tra la Dolce Acqua della musica, tra pentagrammi, spartiti e strumenti di ogni genere. Firma Pensiero Stupendo per Patty Pravo, Un’emozione da poco per Anna Oxa e una buona parte del repertorio di Mia Martini. Ha scritto per molte cantanti: Non sono una signora di Loredana Berté, I treni a vapore di Fiorella Mannoia, Una notte in Italia di Ornella Vanoni e altre (per Mina, Alice e Laura Pausino) lasciano un’impronta indelebile. Nel 2000 compone per Celentano Io sono un uomo libero, pensieri di un uomo che cammina con dignità accanto alla vita. Le sue canzoni si radicano nell’immaginario collettivo mettendo in luce un talento straordinario nell’orchestrare emozioni, parole e musica. Molti testi ricevono riconoscimenti («E non finisce mica il cielo» della Martini nel 1982), alcuni album targhe (per anni al Premio Tenco). Nel 1978 vince il Telegatto come miglior compositore con «La mia banda suona il rock», brano storico che dà il titolo all’omonimo album. Il suo animo, rockeggiante e introverso, lo porta a cercare sempre nuove sperimentazioni, come quella con la musica sudafricana che sboccia in 700 Giorni, disco pluripremiato. Le sue canzoni sono pregne di letteratura, racconti storici (Lunario di Settembre sui processi di stregoneria) e lucidi osservazioni sulla politica, come Cara Democrazia, Mio fratello che guardi il mondo e il disco L’Arcangelo, del 2006. Con il concittadino Fabrizio De Andrè Fossati scrive i testi di un capolavoro della musica italiana, Anime Salve, con brani che sono a tutti gli effetti opere di vertiginosa poesia. Fossati si congeda ritirandosi nel luogo prediletto dove ogni ispirazione ha origine, il silenzio, lo stesso cantato nelle sue canzoni ed evocato nello spazio del volo di Lindbergh o nelle parole di «Quello che manca al mondo è il perdono che non vedo e non sento (…) è un po’ di silenzio. Ma anche un solo pensiero fa strada, come tutte le grandi illusioni». E lui di strada ne ha fatta. Mancherà a tutti i fan quel suo modo di cantare.
IPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova