La Cina cerca la sua anima in Confucio

Non c’è che il “vecchio” Confucio con i suoi inossidabili principi di etica e di convivenza sociale, per dare un’anima al nuovo capitalismo globale della Cina, seconda potenza mondiale per prodotto interno lordo dopo gli Stati Uniti, ma in corsia di sorpasso.
È quello che teorizza un libro importante come “Ritorno a Confucio” (Il Mulino Saggi) di un illustre sinologo classico come il professor Maurizio Scarpari, ordinario a Ca’ Foscari, che verrà presentato lunedì prossimo alle 17.30 a Venezia nell’Aula Magna dell’Ateneo Veneto, dall’autore con Guido Samarani, Ignazio Musu e Paolo Calvetti. Un libro che coniuga appunto sapientemente economia e politica recenti di quel grande Paese con la filosofia/religione confuciana, prima combattuta da Mao e dalla Rivoluzione culturale ora nuovamente vista come strumento - ormai condiviso anche dal governo e dal nuovo Partito comunista cinese - per colmare il vuoto ideologico e il “male di vivere” che colpisce in tutti i suoi strati una società che sta diventando opulenta e globalizzata, conservando però ancora enormi squilibri sociali e un’assenza di valori. Il Confucianesimo, dunque, riscoperto anche come strumento di conservazione e allargamento del consenso da parte di chi governa oggi la Cina - a cominciare da uno dei cardini del suo pensiero, ricordati da Scarpari: «Un buon governo crea innanzitutto le condizioni materiali affinché ogni individuo possa dedicarsi a coltivare la propria persona intellettualmente e spiritualmente». Ma anche la riscoperta della famiglia, proprio nel momento storico in cui la Cina - spaventata anche dal progressivo invecchiamento demografico della sua popolazione - abbandona il diktat governativo del Figlio Unico. «L’amore per il prossimo è la qualità distintiva dell’uomo e l’affetto verso i familiari ne è la massima espressione», è del resto un altro dei principi ispiratori della dottrina di Confucio (vissuto tra il 551 e il 479 avanti Cristo) citato nel volume. Confucio è ricomparso sulla scena pubblica cinese come un esempio a cui ispirarsi parallelamente allo sviluppo delle riforme economiche lanciate da Deng Xiaoping nel dicembre 1978, circa due anni dopo la morte di Mao. E da allora, quasi in simbiosi con il “boom” economico e l’apertura a un sistema economico neoliberista, è diventato sempre più, con i suoi principi, una preziosa “stampella” a cui appoggiarsi, con investimenti sempre più importanti anche nel campo culturale e in quello della ricerca. Ma sempre sotto il controllo del Partito, e questo spiega perché - come riferisce Scarpari - il proliferare di Istituti Confucio agganciati alle università di tutto il mondo (Venezia compresa), assomigli spesso più a un’operazione di propaganda politica che di promozione culturale.
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