La consegna dei 320 biglietti da visita

8 MAGGIO L’entrata in guerra dell’Italia è ormai alle porte: re Vittorio Emanuele III (foto) dichiara di essere pronto ad abdicare al trono nel caso in cui il Parlamento dovesse respingere la scelta di combattere a fianco dell’Intesa.
9 MAGGIO Giolitti esorta i parlamentari a pronunciarsi per riaprire le trattative con l’Austria. Due giorni dopo, 320 deputati e un centinaio di senatori lasciano a casa sua il loro biglietto da visita, per manifestare pubblicamente la propria adesione a mantenere la scelta neutralista.
10 MAGGIO Da Vienna giunge a Roma una nuova proposta, ribadendo le offerte precedenti e aggiungendovi Gradisca e Cormons, oltre alla proclamazione di Trieste come “città libera, imperiale”.
13 MAGGIO Il primo ministro Salandra presenta le dimissioni dell’esecutivo al re, «considerando che attorno alle direttive del governo nella politica internazionale manca il concorde consenso dei partiti costituzionali». Il giorno stesso Gabriele D’Annunzio lancia un infuocato appello agli italiani: «Dovete impedire che un pugno di ruffiani e di frodatori riesca a imbrattare e a perdere l’Italia».
14 MAGGIO In diverse città si tengono manifestazioni a favore dell’intervento: passeranno alle cronache come “le radiose giornate di maggio”. Ardengo Soffici parla di “vile canizza giolittiana, l’ignobile, losco, vomitativo Giolitti”.
16 MAGGIO Sotto la spinta di queste agitazioni di piazza, re Vittorio Emanuele respinge le dimissioni di Salandra, senza nemmeno ricorrere al passaggio di un dibattito in Parlamento.
20 MAGGIO Il Parlamento concede i poteri straordinari al governo in caso di guerra.
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