La crisi di Antonveneta, futuro incerto per 450 lavoratori

Con la fusione in Mps spariscono molti uffici e il personale sarà riconvertito. Rischiano la “cessione” 200 bancari

PADOVA. In burocratese si definisce riassetto delle funzioni in seguito a fusione (di Antonveneta) per incorporazione (nell’ormai “casa madre” Gruppo Monte dei Paschi). Con linguaggio più immediato si parla semplicemente di cura dimagrante e taglio dei rami secchi perché Antonveneta, azienda autonoma, non esisterà più e sarà fagocitata da Mps com’era scritto nel suo destino con la salatissima acquisizione del 2007. Tradotto in cifre: a 250 lavoratori che operano nella sede centrale di Antonveneta (le Torri in via Trieste) non resterà che imparare un nuovo mestiere, sia pure nell’ambito della propria azienda; altri duecento attivi nel Cog (il Consorzio operativo di gruppo in piazzetta Salvemini) saranno costretti a cambiare datore di lavoro imboccando la strada di un futuro professionale pieno di incertezze a causa dell’esternalizzazione dei servizi. Espressione in stile “da cancelleria” per indicare che tutta una serie di compiti, oggi svolti all’interno dell’azienda-banca Antonveneta, verranno ceduti a una società esterna. Insieme ai lavoratori che, quei compiti, li hanno fino ad oggi svolti da “interni” ovvero da dipendenti della banca padovana.

Ecco il destino di 450 bancari padovani di Antonveneta che si disegnerà tra aprile e giugno rispettivamente per il primo e il secondo gruppo di lavoratori. Destino legato a due date: a fine aprile ci sarà la fusione per incorporazione di Antonveneta in Mps, a giugno scatterà la seconda fase del piano industriale varato il 27 giugno 2012 sulle esternalizzazioni contrastate dal sindacato Fisac-Cgil (Federazione italiana sindacato assicurazione e credito). Ne parliamo con Marco Messina, coordinatore Fisac Cgil per Antonveneta-Mps.

Che succederà con la fusione?
«Prevista per tagliare i costi, farà sì che diventeremo tutti Mps, ovvero cambieremo casacca e, in Veneto, di Antonveneta resterà solo il marchio, non più una banca autonoma: spariranno il consiglio di amministrazione, il direttore generale, un po’ di dirigenti e una settantina di filiali. Quella di Padova sarà l’area del Triveneto di Mps, la più grande del gruppo. La preoccupazione è per la sorte di 250 lavoratori della direzione generale che dovranno essere riconvertiti».

Che vuol dire?
«Significa cambiare mestiere. Spariranno l’ufficio stampa e quello legale come l’ufficio compliance, che si occupa della correttezza formale delle operazioni bancarie, e quello del bilancio. Queste attività saranno concentrate a Siena per tutti. Quali i rischi? Un collega, che ha sempre svolto mansioni amministrative, potrà essere mandato in filiale con compiti commerciali. Ecco perché dovrà essere concordato con le organizzazioni sindacali un percorso formativo del personale».

Qualcuno potrà essere lasciato a casa?
«Per questi 250 lavoratori il piano industriale non denuncia esuberi ma solo riconversioni professionali».

Possibili trasferimenti forzati?
«Li escludo. La banca può decidere il giorno della fusione, ma prima di attuarla materialmente deve aprire un confronto con i sindacati in base all’articolo 18 e 19 del contratto siglato il 19 gennaio 2012 che disciplina le ricadute sul personale delle scelte aziendali. In quella sede Mps dovrà fornire le cifre di esuberi e riconversioni: su queste cifre concorderemo un percorso formativo e di mobilità. Un esempio: a un lavoratore di Padova potrebbe essere chiesto di andare a lavorare a Cittadella, certo non di spostarsi a Verona».

Lei ha parlato di esuberi...
«Il piano industriale di Mps prevedeva 4.500 esuberi nel gruppo, di cui fa parte Antonveneta, determinati in parte dalla cessione di asset, cioè di attività, in parte da prepensionamenti. Questi ultimi sono un migliaio e sono stati previsti in due scaglioni, i primi di febbraio e i primi di marzo».

E poi?
«Sono destinati a essere ceduti a una società terza 1.100 lavoratori di Mps che si occupano di back office, tutte le attività amministrative e di gestione contabile relative alle operazioni bancarie. Di questo migliaio di lavoratori, ben 200 lavorano nel Cog di Padova: sono loro la nostra preoccupazione».

Quando si conoscerà il loro destino?
«Tra maggio e giugno. Ripeto, i lavoratori sono molto preoccupati. La loro età media è sui 45-50 anni: si tratta di persone non facilmente ricollocabili in caso di difficoltà occupazionali».

Saranno ceduti alla società che provvederà allo svolgimento dei servizi “esternalizzati”?
«Esatto. A oggi non sappiamo nulla né su questa società e né per quanto tempo avrà garantito l’appalto dei servizi. Domanda: se l’appalto tra un anno o due non sarà rinnovato, che fine faranno quei lavoratori non più dipendenti di Mps? Nelle assemblee che abbiamo svolto è emersa la forte determinazione dei lavoratori, e con loro di Fisac Cgil, di contrastare questo disegno».

L’obiettivo, immagino, è il risparmio.
«Mps vuole risparmiare 40 milioni di euro l’anno. Gli scandali che stanno venendo allo scoperto hanno evidenziato che Mps ha problemi per centinaia e centinaia di milioni. E allora, che logica stiamo seguendo?».

Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova