La diga alla marea salata osteggiata in darsena

I proprietari dei porti turistici sul Brenta hanno già presentato ricorso al Tar «Quel progetto ci rovina, finiremo sotto acqua e i clienti scapperanno»
Di Nicola Stievano

PIOVE DI SACCO. Scoppia la battaglia legale intorno allo sbarramento da 15 milioni di euro, progettato sulla foce del Brenta per fermare la marea salata che risale i fiumi e si inoltra per chilometri. Il ponte con le paratie “anti intrusione” salina, già finanziato dal governo, spaventa ora i titolari dei porti turistici che si trovano nella parte terminale del fiume Brenta, a Chioggia.

Lo sbarramento viene considerato un ostacolo per le migliaia di imbarcazioni che raggiungono il mare aperto e una minaccia per la sopravvivenza delle stesse darsene, con danni per milioni di euro e una ricaduta negativa sull’economia locale. Da qui l’iniziativa del ricorso al Tar Veneto contro la delibera con cui la giunta regionale ha approvato il progetto messo a punto dal Magistrato alle acque con il Consorzio di Bonifica Adige Euganeo, il Comune di Chioggia e il finanziamento del ministero delle Politiche Agricole.

I firmatari del ricorso, messo a punto dagli avvocati Michele Greggio e Vladimiro Pegoraro, sono la società Brenta Serive Boat, il Club Nautico Marina di Brondolo, Meridiana Orientale, Corte Molin Yachting Club, Veneziana Escavazioni e Approdo Turistico Brenta Mare, operanti nel diporto nautico nel tratto di fiume prima della foce, a monte del nuovo ponte - diga.

Si tratta di realtà che gestiscono darsene per circa un migliaio di posti barca, sia a motore che a vela, per lo più al di sotto dei 12 metri. «La foce del Brenta» affermano i ricorrenti «si contraddistingue per la presenza di numerose attività portuali turistiche, tutte caratterizzate per la prossimità al mare e la facilità di navigazione. Lungo il Brenta transitano ogni anno, a fini diportistici, circa 31 mila imbarcazioni, la maggior parte concentrate nel periodo estivo. Il sito, pertanto, ha una vocazione prettamente turistica, sancita anche dal piano regolatore del Comune di Chioggia».

Attività con un giro d’affari milionario, che ora si sentono minacciate dallo sbarramento del “cuneo salino”. Per fermare la marea salata il progetto prevede infatti la costruzione di un ponte dotato di paratie mobili. Le imbarcazioni non potrebbero passarci sotto e dovrebbero aggirare l’ostacolo servendosi di una chiusa prevista a fianco del nuovo ponte. Per uscire in mare aperto, pertanto, ci vorrà all’incirca un quarto d’ora in più.

«Nel periodo di maggior traffico» continuano i ricorrenti «transitano circa 600 imbarcazioni, con picchi di 200 unità all’ora. La maggior parte riesce a passare sotto il ponte della Romea e quello ferroviario ma in futuro si troveranno un nuovo ostacolo». Ma i gestori delle darsene temono anche un aumento del livello dell’acqua anche di 25 -50 centimetri che li costringerà a rialzare le banchine e che non permetterà più il passaggio sotto gli attuali ponti. Osservazioni esposte anche alla Commissione regionale per la valutazione d’impatto ambientale che la primavera scorsa ha approvato il progetto.

«L’istruttoria è stata superficiale e lacunosa», affermano i legali delle società, «non viene minimamente presa in considerazione la problematica dell’aumento del livello dell’acqua, con le conseguenze pregiudizievoli per le darsene. Le aziende dovranno affrontare investimenti notevoli per alzare le banchine». Una spesa di alcuni milioni di euro per scongiurare il rischio di allagamento.

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