La donna architetto che ha segnato un’epoca

Solo pochi mesi fa la pace con Venezia, che l’aveva “tradita” smantellando Palazzo Grassi e togliendole la Fenice
Di Enrico Tantucci
L'architetto Gae Aulenti, autrice dell'allestimento della mostra, con la vedova di Balthus signora Setsuko davanti a " Passage du Commerce-Saint Andre' " in occasione del vernisage a Palazzo Grassi a Venezia nel 2001 . ANDREA MEROLA/ANSA
L'architetto Gae Aulenti, autrice dell'allestimento della mostra, con la vedova di Balthus signora Setsuko davanti a " Passage du Commerce-Saint Andre' " in occasione del vernisage a Palazzo Grassi a Venezia nel 2001 . ANDREA MEROLA/ANSA

di Enrico Tantucci

Venezia l’aveva “tradita”, dopo averla innalzata. Prima negandole il rifacimento del Teatro La Fenice, dopo l’incendio del 1996, perché il suo progetto, risultato vincitore del concorso internazionale di progettazione bandito per la ricostruzione, era stato poi “squalificato” in seguito al contenzioso legale avviato dagli sconfitti, e a firmare il nuovo teatro era stato il suo amico-“rivale” Aldo Rossi. Poi smantellando la ristrutturazione di Palazzo Grassi, che, con l’architetto Antonio Foscari, aveva curato per l’Avvocato Gianni Agnelli, quando il settecentesco palazzo del Massari era diventato la nuova sede espositiva della Fiat in laguna. E François Pinault, subentrato all’Avvocato alla guida di Palazzo Grassi, nel 2007 aveva preferito le architetture minimaliste fatte di bianchi e di grigi del giapponese Tadao Ando, cancellando quindi il verde pistacchio e il rosa “veneziani” che erano i colori dominanti delle pareti di gesso “armato”, che lei aveva voluto, con la loro struttura allestitiva: una rete metallica, staccata dai muri originali del palazzo settecentesco e dallo stesso suolo per consentire l'allestimento delle mostre senza intaccare la struttura originale dell'edificio. Ma Gae Aulenti - sempre apparentemente fredda e in pieno controllo di sé, un sorriso indefinibile dipinto sul viso, mai una polemica, con la sobria eleganza con cui vestiva - con Venezia aveva fatto pace quest’estate, quando era stata chiamata dalla Fondazione Vedova la mostra ai Magazzini del Sale e dedicata proprio ad Aldo Rossi e ai suoi progetti di teatri, a cominciare dal Teatro del Mondo.

«Era felice» ricorda il presidente della Fondazione Vedova Alfredo Bianchini «perché da Venezia si era sentita “espulsa”, e tornare in laguna per allestire una mostra di Aldo Rossi, in uno spazio progettato da Renzo Piano, era stato per lei come un regalo».

Aveva ricordato in quell’occasione,scherzando ma non troppo l'amichevole "boicottaggio" delle sue recensioni da parte di Aldo Rossi, ai tempi della comune militanza in una rivista storica dell’architettura italiana come "Casabella", a cui aveva collaborato a lungo agli esordi. Per molti più grande come designer che come architetto - con la sua “mitica” lampada Pipistrello - Aulenti aveva saputo diventare, da donna in un mondo di uomini, uno dei progettisti italiani più importanti della scena internazionale, anche per le sue riconosciute capacità di grande allestitrice, consacrata dalla reinvenzione della Gare d’Orsay a Parigi come spazio museale, E anche a Palazzo Grassi - soprattutto nella prima parte dell’era Agnelli - era stata la severa “vestale” di quel centro espositivo subito assunto a una rilevanza mondiale, curando, oltre all’allestimento permanente, anche quello di tutte le mostre più importanti.

Ha, come aveva sempre fatto, lavorato fino all’ultimo, pur minata da tempo dal male, di cui parlava con la stessa serenità e distacco - ricorda chi le è stato vicino - con cui si dedicava ai suoi progetti. Tra gli ultimi, la trasformazione in polo culturale multifunzionale di Palazzo Branciforte a Palermo e la ristrutturazione dell’Aeroporto di Perugia, che non farà a tempo a vedere, inaugurato tra pochi giorni.

Lunga ieri la coda dei ricordi e dell’omaggio alla sua scomparsa, dal ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi, ai politici e agli ex ministri che la conobbero, ai suoi colleghi architetti. «Ci sono state tante fasi, tanti luoghi, il design, gli interni, la scenografia, dove è stata straordinaria, senza rinunciare mai alla sua dimensione di donna», ha ricordato il suo amico Vittorio Gregotti. «Con Gae Aulenti se ne va» ricorda Massimiliano Fuksas «una delle figure più importanti dell’architettura italiana del dopoguerra, espressione di un modo di fare architettura molto legato al design e all’artigianato. Se poi sia stata più brava come designer o come architetto sarà la storia a dirlo». Paolo Portoghesi, infine, la ricorda «formidabile anticipatrice del gusto nel campo del design, ma anche abilissima orchestratrice di esposizioni e musei d’arte. Le sue cose forse più geniali sono tre lampade disegnate negli anni Cinquanta, una in particolare, il Pipistrello, è un capolavoro». I suoi progetti, spesso dividevano la critica. «E’ l’ideale» ribatteva «Quando tutti sono d’accordo c’è qualcosa che non funziona».

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