La donna che ricuce le storie dei soldati morti al fronte

di Silvia Zanardi
Sono nomi, cognomi, numeri, lettere incise sulle lapidi, dati catalogati in registri polverosi e ammassati sugli scaffali. Dentro pile di schede e informazioni incomplete ci sono le vite ormai lontane di ragazzi che avevano sogni e progetti per il loro futuro. Erano figli di madri che li aspettavano a casa, fratelli e fidanzati di qualcuno che li pensava giorno e notte sperando nell’arrivo di qualche buona notizia. Milioni di giovani si sono consegnati al massacro sanguinoso della Grande Guerra: molti di loro sono scomparsi nel vuoto assordante delle trincee, senza lasciare ai familiari la consolazione di conoscere la loro sorte. Oggi, a un secolo di distanza, una donna di Guastalla (Reggio Emilia) dedica il suo tempo libero a lunghe ricerche per restituire volti, storie e sentimenti ai soldati partiti per il fronte e mai tornati alla loro quotidianità. Si chiama Silvia Musi e attraverso il blog www.pietrigrandeguerra.it racconta le loro storie con foto, documenti, scritti, testimonianze e informazioni storiche. In cinque anni di attività ha ridato un volto a oltre 7 mila soldati, recuperando circa 6500 foto e spulciando mercatini, libri, e archivi cimiteriali. Le sue ricerche hanno fatto luce anche sulle storie e la sorte di molti soldati veneti, sepolti nella loro regione ma anche in alcuni casi in Emilia Romagna.
Silvia ha aperto il blog per condividere la storia del suo bisnonno, l’ufficiale di artiglieria Amedeo Pietri, l’unico, dei quattro bisnonni, che non è riuscita a conoscere: «Essendo cresciuta con gli altri tre, sono sempre stata affascinata dai racconti di guerra. Un giorno, per caso, ho aperto un vecchio baule del bisnonno Amedeo e ho trovato un tesoro: un album di foto ingiallite che, grazie all’aiuto di un fotografo, sono riuscita a restaurare».
Il blog, senza alcun fine di lucro, si è presto trasformato in una piattaforma per divulgare informazioni su tanti altri soldati caduti al fronte. Silvia ha iniziato a visitare i cimiteri di guerra della provincia di Reggio Emilia, Modena, Parma e Mantova e in Veneto, fotografando ogni singola lapide e pubblicandone le immagini sul sito, con tutte le informazioni reperite su ogni soldato: data e luogo di nascita e decesso, causa della morte, famiglia di provenienza, eventuale relazione di parentela con altri soldati caduti in battaglia, immagini, dove possibile.
«Durante la prima guerra mondiale, l’Emilia Romagna, non essendo propriamente terra di conflitto, ha accolto numerosi soldati di ritorno dal fronte» racconta Silvia Musi. «Molti paesi e località di provincia sono stati trasformati in stazioni sanitarie o adibite allo smistamento delle reclute. Per questo, tanti giovani soldati sono passati di qui fra una battaglia e l’altra, e tra loro c’erano molti veneti. Alcuni di loro sono stati sepolti nei nostri cimiteri in seguito a malattie o ferite gravi».
Nel cimitero di Guastalla ha trovato la sepoltura di sette veneti, arrivati qui come ex-prigionieri di guerra: «Sono Francesco Braido e Francesco De Nadai di Conegliano; Giuseppe Capitanio di Venezia; Domenico Faggian e Angelo Fornasier di Treviso; Giovanni Matteuzzi di Annone Veneto; Antonio Murador di Meduna di Livenza». Silvia Musi scorre, attraverso il suo blog, tutti i nomi dei soldati veneti che ha “incontrato”. Di Giovanni Garlant di San Donà di Piave, sepolto nel cimitero di Novellara, è riuscita a ricostruire parte della storia: «Nell’archivio della parrocchia di Novellara, ho trovato un appunto scritto dal parroco quando Giovanni arrivò in paese: si legge di lui e altri soldati arrivati a piedi, sfiniti dalla prigionia». Altri sei sono sepolti nel cimitero di Brescello (alcuni sono classe 1900) e ampio spazio è dedicato al disastroso affondamento del Piroscafo Principe Umberto, che ha contato oltre 1700 caduti, di cui 695 veneti e trevigiani. E poi le donne, le crocerossine che, durante la guerra, hanno assistito e dato conforto a tanti feriti, rischiando ogni giorno la vita. Silvia Musi ha ricostruito la sorte di suor Monica Baratella, delle suore terziarie di Padova; Ginevra Di Serego Alighieri, nata a Venezia; Margherita Finco, suora-infermiera nata a Lendinara-Rovigo. Sul blog c’è un elenco inedito di tutte le infermiere italiane, civili e religiose, che morirono per cause di servizio durante la Grande Guerra.
Sono molti e diversi i modi in cui Silvia Musi inizia a ripercorrere le storie dei soldati della Grande Guerra: possono partire da un nome inciso su una lapide, da foto trovate sulle bancarelle dei mercatini di antiquariato, dala richiesta diretta di qualcuno che le chiede aiuto per ricostruire la storia di un parente che ha combattuto durante la Grande Guerra. Da informazioni sommarie e sconnesse su un soldato caduto, Silvia dà inizio a un meticoloso lavoro di catalogazione, che può essere di aiuto a quanti, oggi, vogliono ripercorrere le tracce dei propri antenati andati al fronte: «Ormai non ricordo più quanti cognomi sono stati scritti in maniera errata nei cataloghi pubblici: in molti casi sono riuscita, dopo lunghe ricerche, a farli correggere. Spesso riesco a ricostruire storie grazie a documenti conservati negli archivi parrocchiali, negli uffici dei camposanti e nelle biblioteche, dove spesso ho trovato lettere e informazioni » dice. «Passo molto tempo nei cimiteri, porto fiori su lapidi da troppo tempo ignorate. Ho cercato possibili parenti di questi ragazzi: l’ho fatto per chiudere il cerchio delle loro storie».
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