La famiglia Alajmo lascia dopo 26 anni i fornelli del Golf Club della Montecchia

La rottura dopo la fine del lockdown e lo sbarco alla Certosa A fine 2021 la scadenza del contratto d’affitto del ristorante
Paolo Casati Pres. Golf Club Montecchia VIDO
Paolo Casati Pres. Golf Club Montecchia VIDO

Stefano Edel / SELVAZZANO

Gli Alajmo lasciano il Golf Club della Montecchia. Un divorzio clamoroso, ma non inaspettato. La disdetta del contratto, che sarebbe scaduto il 31 dicembre 2021, è stata comunicata tre mesi fa a PlayGolf54, il gruppo che, oltre a quello di Selvazzano, gestisce anche il Golf Club Frassanelle, il Terme di Galzignano Course e, dalla primavera scorsa, il Golf di Albarella. I tempi richiesti dall’accordo, rinnovato nel 2010, prevedevano che, in caso di rinuncia a proseguire il rapporto, la comunicazione sarebbe stata data in anticipo alla controparte, la famiglia Casati, a cui fa capo l’organizzazione dell’intero complesso, ma nessuno avrebbe immaginato che il legame sarebbe stato sciolto un anno prima della scadenza naturale. Entro il 31 dicembre gli Alajmo lasceranno il ristorante al primo piano con relativa cucina, oltre al Bar & Grill ABC (che sta per Alle Basi della Cucina) al piano terra.

LE FRIZIONI DI TROPPO

Paolo Casati, 75 anni, presidente del Golf Club dal 1988, ripete più volte: «Siamo in buonissima armonia», come ad assicurare che non è una rottura traumatica quella che si registra dopo ben 26 anni di connubio imprenditoriale con Erminio Alajmo, il capostipite della nota famiglia di ristoratori, ma la conseguenza di strategie diverse. «Hanno sempre avuto, parlo degli Alajmo, una politica di espansione ben precisa e quest’anno, dopo il lockdown, a giugno si sono sentiti nella necessità di chiudere in anticipo la loro attività da noi. Gli effetti del Covid-19 sono stati pesanti. Ne abbiamo preso atto, ora pensiamo ad andare avanti. Ci sono offerte di disponibilità da altri imprenditori del settore, ma siamo in fase di studio. Potrebbe essere anche che si decida di prendere in mano tutto noi. Ci siamo dati come scadenza la fine di settembre». Tutto bene, allora, nel senso che le due parti si lasciano con una stretta di mano e una pacca sulle spalle? Dietro le quinte in realtà si vocifera di frizioni e vedute opposte su come proseguire il matrimonio, e a questo proposito Erminio Alajmo, confermando la notizia della fine di un’avventura professionale durata un quarto di secolo, si è lasciato scappare un significativo: «Ho bisogno di essere un uomo libero, la Montecchia mi sta stretta». In particolare, nei confronti intavolati in questi ultimi anni, avrebbe manifestato il disagio di doversi adattare a fatica alle regole del mondo del golf, come la ristorazione a determinate ore, gli spazi contingentati a piano terra e i problemi logistici, dai parcheggi insufficienti alle aree verdi off limits. E a chi lavora anche con banchetti, eventi e manifestazioni la limitazione è parsa sempre più stringente. I punti di vista contrastanti – l’ultimo sull’affitto, giudicato troppo oneroso – hanno imposto alla fine agli Alajmo di prendere una decisione già nell’aria.

INVESTIMENTO NELLA CERTOSA

«Voglio rimanere in buoni rapporti con loro (i Casati, ndr)», le parole del 75enne Erminio, a ribadire che l’uscita di scena dovrà essere la più... morbida possibile, ma intanto la famiglia di Rubano ha puntato l’obiettivo in altre direzioni, più precisamente verso la laguna di Venezia. «Gli eventi si sono azzerati o quasi, per via della pandemia e delle relative misure di restrizione», ha puntualizzato Raffaele Alajmo, figlio di Erminio e fratello di Massimiliano, uno degli chef più quotati al mondo, fregiatosi di cinque stelle Michelin, «per cui niente sarà come prima. Noi contiamo 220 dipendenti, di cui una ventina all’estero (nei locali a Parigi e Marrakech, ndr), e ovviamente ci teniamo a salvaguardarli tutti». Anche i 18 operativi alla Montecchia non perderanno il posto, ma saranno redistribuiti all’interno dei ristoranti della famiglia. Gli Alajmo, oltre alle Calandre, al Calandrino e al negozio enogastronomico di Rubano, sono proprietari dell’Amor di Milano e hanno fatto grossi investimenti nel capoluogo lagunare, il Gran Caffè Quadri e l’Amo, a cui è seguita quest’anno la fruttuosa partnership con Alberto Sonino, fondatore della società “Vento di Venezia”, che gestisce l’isola de La Certosa ed il Venezia Certosa Marina.

«La collaborazione», ecco la precisazione in un comunicato diffuso ieri sera, «ha avuto inizio quest’estate con l’apertura del pop-up restaurant Hostaria in Certosa ed è destinata a proseguire nei prossimi anni con lo sviluppo dell’isola. Verranno realizzate nuove residenze e strutture alberghiere, un orto di oltre 5 ettari, e avviata la produzione di miele della laguna e altre nuove iniziative volte alla riqualificazione del luogo». Quanto alla Montecchia, c’è molta curiosità per capire come verrà affrontato il cambiamento nell’offerta della ristorazione. Finita un’avventura, ne inizierà un’altra coronata da successo come quella con gli Alajmo? La scommessa di Casati e famiglia non è facile da vincere. ––

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